MALATTIE NEURODEGENERATIVE
Per rallentare la progressione della malattia
di Parkinson ci vuole l’equilibrio del thai chi

L’antica arte marziale cinese del Thai Chi può aiutare in misura molto significativa chi soffre di Parkinson, rallentando il decorso della malattia, e allontanando la necessità di aumentare le dosi dei farmaci.
Dal momento che il Thai chi si basa sulla forza e sull’equilibrio, i suoi possibili benefici sul Parkinson sono noti da tempo, ma finora sono stati studiati quasi esclusivamente in rapporto a periodi di tempo molto brevi. Ora invece uno studio durato oltre cinque anni dimostra che gli effetti sono duraturi, e influenzano direttamente l’andamento della malattia.
In esso, infatti, 147 pazienti hanno frequentato sedute di Thai chi di un’ora due volte alla settimana a partire dal 2016, e sono stati controllati nel 2019, nel 2021 e nel 2021, così come è accaduto 187 pazienti simili per condizioni, che però non hanno partecipato a nessuna sessione di Thai chi. Come illustrato sul Journal of Neurology Neurosurgery & Psychiatry dagli autori, neurologi del Ruijin Hospital della Shanghai Jiao Tong University, in particolare sono stati controllati i parametri del movimento e della rigidità, ma anche dell’umore e del sonno, e le facoltà cognitive, insieme ad altri parametri, e il risultato è stato molto chiaro.
La progressione della patologia, quantificata attraverso tre diverse scale, è stata più lenta in chi faceva Thai chi, così come la necessità di aumentare i farmaci. Nel gruppo dei controlli quest’ultima ha infatti interessato l’83,5% dei malati nel 2019 e il 96% nel 2020, mentre nel gruppo del Thai chi, alle stesse date, le percentuali sono state, rispettivamente, del 71 e dell’87,5%. Anche il declino cognitivo e il peggioramento del sonno sono stati più lenti in chi seguiva i corsi, così come la discinesia (difficoltà di movimento coordinato), che ha colpito l’1,4%, contro il 7,5% dei controlli, la distonia (debolezza muscolare), assente nei trattati e presente nell’1,6% dei controlli, le allucinazioni (0% contro circa 2%), il declino cognitivo (3 contro 10%), la sindrome delle gambe senza riposo (7 contro 15,5%) e le fratture (6 contro 17).
Anche se lo studio mostra solo un’associazione, e non dimostra l’esistenza di un nesso di causa-effetto, secondo gli autori è assai probabile che quest’ultimo esista, perché gli effetti sono molto evidenti. In ogni caso, i pazienti beneficiano significativamente di un’attività che è alla portata di tutti, e che costituisce anche un’occasione per nuve relazioni sociali, a loro volta importanti.
A.B.
Data ultimo aggiornamento 27 ottobre 2023
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