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Per prevenire la depressione post partum servono la ginnastica e i massaggi al figlio

Prevenire la depressione post partum senza farmaci è possibile: basta fare regolarmente esercizio fisico e, in particolare, quelo di tipo aerobico. Lo dimostra una metanalisi di 26 studi che hanno coinvolto un totale di oltre 2.800 donne, pubblicata su PLOS One dai ricercatori dell’Università di Wuhan, in Cina. Da essa risulta infatti che, rispetto agli approcci abituali e non basati sull’esercizio, la pratica regolare di ginnastica aerobica riesce a prevenire la depressione, assicurando il benessere psicofisico.

Mettendo a confronto i diversi protocolli sperimentati negli studi, è emerso lo schema migliore, che sarebbe quello che prevede un’attività abbastanza sostenuta, perché sia quando è troppo blanda che quando è troppo aggressiva gli esiti sono peggiori. Così, il protocollo più efficace prevede 3-4 sedute a settimana da 35-45 minuti l’una. Inoltre è meglio se le sessioni sono guidate da un professionista, perché anche in questo caso si ottengono effetti più marcati rispetto a quando si procede da soli. Infine, la ginnastica aerobica vince rispetto allo yoga, al nuoto, alla danza e ad altri sport di vario tipo, e non ne esiste un tipo specificamente consigliato. Negli studi ne sono stati sperimentati cinque, e hanno dato tutti risultati paragonabili. Gli autori si augurano che siano condotti studi ancora più specifici, che aiutino a individuare tutte le modalità più efficaci, perché quelle emerse dalla loro metanalisi sono state dedotte da protocolli talvolta molto diversi. Tuttavia, il messaggio sembra chiaro: l’aerobica funziona, soprattutto in chiave preventiva, e andrebbe quindi consigliata a tutte le donne che hanno partorito, e non solo a quelle considerate a rischio.

Allo stesso modo, anche prendere parte a corsi di massaggio con il neonato e poi praticare gli stessi anche a casa è un efficace rimnedio antistress. Lo conferma una metanalisi di otto studi, cui hanno preso parte in totale oltre 520 neomamme, pubblicata anch’essa su PLOS One, e dalla quale è emerso appunto che le donne che avevano svolto questa attività molto intima con il proprio bambino sono risultate protette dalla depressione, e hanno riportato di aver sviluppato un ottimo rapporto con il proprio figlio.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 10 gennaio 2024
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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