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Per prevenire l’allergia alle noccioline
si deve abituare l’organismo dall’infanzia

L’allergia alle noccioline dei bambini, che può essere molto pericolosa, talvolta mortale, e che colpisce circa il 2% dei bambini di Nordamerica, Australia ed Europa, può essere prevenuta quasi del tutto se, a differenza di ciò che si è creduto per molti anni, si iniziano a dare le noccioline stesse ai bambini molto piccoli. In questo modo si abitua l’organismo a riconoscere i possibili allergeni e si evitano reazioni allergiche nella quasi totalità dei casi.

La conferma arriva da uno studio condotto dagli allergologi e pediatri del King’s College di Londra, i cui risultati sono stati pubblicati sul New England Journal of Medicine Evidence, in cui alcuni bambini sono stati seguiti da zero a 12 anni, e che ha mostrato, al di là di ogni dubbio, i benefici di un’esposizione precoce. In esso infatti metà dei bambini sono stati tenuti lontani da qualunque tipo di nocciolina fino ai cinque anni, mentre l’altra metà è stata “trattata” con piccole dosi di noccioline, per esempio in purea, a partire dai quattro mesi.  

L’introduzione precoce delle noccioline è risultata associata a una diminuzione del rischio di sviluppare un’allergia compresa tra il 5 e l’81%, con una media del 71%. Quando i bambini avevano tra i sei e i 12 anni, è stato detto loro di consumare noccioline a piacere, e si è visto che tra chi ne aveva consumato fino da bambino il tasso di allergie era del 4,4%, mentre tra chi aveva iniziato solo a sei anni era del 15,4%.

Questi numeri confermano quindi che la stretegia migliore è abituare l’organismo dei più piccoli a riconoscere le noccioline, in modo che non si intaurino reazioni allergiche negli anni successivi. Evitare l’allergia significa anche avere una qualità di vita migliore, tanto per i bambini quanto per i genitori. Quando un figlio è allergico alle noccioline, l’ansia è sempre elevata, anche perché residui delle lavorazioni di noccioline si possono trovare accidentalmente in numerosi alimenti, e il rischio di una grave reazione è sempre presente.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 5 giugno 2024
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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