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Per contrastare le overdose da oppioidi sintetici potrebbe arrivare un anticorpo

L’overdose da oppioidi rappresenta una delle prime cause di morte negli Stati Uniti, dove miete almeno 100.000 morti all’anno. Da quando, nel 1996, è stato introdotto il derivato semisintetico della morfina oxicodone, dieci volte più potente del progenitore, il numero di persone dipendenti è sempre aumentato, ed è ulteriormente cresciuto da quando è stato introdotto il fentanyl, un altro derivato ancora più potente, e i cui ulteriori derivati possono essere fino a 10.000 volte più potenti della morfina, causando la morte in pochi minuti a dosi dell’ordine dei microgrammi (millesimi di milligrammo). Tra questi ultimi c’è il carfentanil, inizialmente prodotto per sedare animali di grandi dimensioni, ma talmente potente da essere stato ritirato nel 2018, per il rischio di abusi, e da essere al momento in studio come possibile arma biologica.

Da tempo si cerca di capire come contrastare le overdose, sempre più comuni, e provocate dall’azione di queste sostanze sui centri nervosi che regolano la respirazione, ma per il momento le uniche terapie utilizzate sono il naloxone e il naltrexone, due farmaci dati per via orale, la cui efficacia svanisce entro poche decine di minuti, con gravi rischi di una ripresa della crisi respiratoria interrotta, e non è comunque ugualmente valida per tutti. 

Ora però, In base a quanto riferito dai ricercatori dello Scripps Research Institute di La Jolla, in California, che l’hanno messo a punto, e pubblicato su ACS Chemical Neuroscience potrebbe arrivare una soluzione diversa, che sembra rispondere meglio alle caratteristiche che, idealmente, dovrebbe avere una terapia anti-overdose, e cioè: legare con grande affinità il fentanyl e le altre molecole della categoria, in modo che esse non riescano ad arrivare al cervello; rimanere attiva nell’organismo più a lungo rispetto ai farmaci usati oggi, in modo da prevenire le crisi successive alla prima risposta; essere somministrabile facilmente, per via intramuscolare, senza nessuna formazione medica specifica, e agire presto. Si tratta di una versione modificata di un anticorpo sviluppato nei modelli animali ingegnerizzati per esprimere anticorpi umani, che lega direttamente il carfentanil, il fentanyl e le altre sostanze simili. Chiamato per il momento C10-S66K, si è dimostrato capace di ridurre la crisi respiratoria dopo soli 15 minuti dall’assunzione di dosaggi elevati dell’oppiaceo, e di essere ancora efficace due ore dopo, con una potenza crescente (naloxone e naltrexone perdono efficacia dopo una trentina di minuti). 

La speranza è che i dati sui volontari, provenienti da sperimentazioni che dovrebbero iniziare nei prossimi mesi, confermino quanto osservato nei modelli animali, e che si arrivi quanto prima a disporre di una sostanza così efficace e facile da usare in situazioni emergenziali, anche se non si ha una preparazione specialistica.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 14 agosto 2023
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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