FARMACOLOGIA
Il veleno di un ragno australiano potrebbe portare a una nuova terapia per l’ictus

I farmaci del futuro per condizioni quali gli ictus e gli infarti potrebbero arrivare da una molecola progenitrice ottenuta dal veleno di uno dei ragni più mortali del mondo, chiamato “dai lunghi denti”. Il veleno di mudjar nhiling guran – questo il nome aborigeno di Hadronyche infensa, un ragno dell’isola australiana di Fraser - contiene infatti un peptide (un frammento di una delle migliaia di proteine presenti) che sta rivelando qualità che potrebbero essere utilissime in condizioni anche molto diverse.
I veleni dei ragni sono per lo più dei bloccanti dei canali ionici, cioè impediscono l’ingresso di ioni quali il calcio, il sodio e il potassio all’interno delle cellule: per questo possono provocare velocemente la morte. Se però quello stesso effetto è sfruttato in modo da contrastare i danni per esempio di un ictus, il bloccante può diventare un farmaco.
In questo caso, come racconta un articolo di The Scientist, i ricercatori dell’università del Queensland, che da anni lavorano sui veleni dei ragni, degli scorpioni, dei serpenti e così via, si sono concentrati su questo ragno (o per meglio dire sulle 40 specie di questa famiglia) lungo fino a 10 cm che, essendosi evoluto su un’isola, ha sviluppato caratteristiche particolari. Hanno così isolato un bloccante chiamato Hi1a, studiandone gli effetti su modelli animali di ictus. Hi1a ostruisce un canale ionico chiamato acid-sensing ion channel 1a (ASIC1a), che si attiva quando c’è un danno tissutale: per questo si è pensato che, bloccandolo, il danno sarebbe potuto essere minore. E in effetti, tra le due e le quattro ore dopo l’evento, gli animali trattati hanno avuto una riduzione del danno dell’80%.
Le sperimentazioni di fase 1 sui primi pazienti dovrebbero iniziare entro pochi mesi.
Inoltre, grazie a collaborazioni con altri gruppi, gli autori hanno visto che gli stessi canali sono espressi anche nel cuore, e Hi1a potrebbe quindi essere efficace anche per i danni dell’infarto, o per preservare meglio i cuori da trapiantare. Se i test continueranno a essere positivi, presto si potrebbe avviare un percorso di sperimentazione clinica su pazienti anche in questo ambito.
La scoperta di nuove, poteti molecole ad attività farmacologica, accelarata dall’intelligenza artificiale e dai nuovi metodi di analisi delle proteine, è solo all’inizio.
A.B.
Data ultimo aggiornamento 25 agosto 2025
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