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Presto potrebbe essere possibile prevedere l’artrosi del ginocchio anni prima dei sintomi

L’artrosi del ginocchio, una delle patologie più diffuse, soprattutto dopo i 50 anni, non curabile, in un futuro non molto lontano potrebbe essere diagnosticata molti anni prima che inizi a manifestarsi, e con un semplice esame del sangue. Uno studio pubblicato su Science Advances dagli ortopedici della Duke University School of Medicine di Durham, in North Carolina, conferma infatti quanto già emerso in una ricerca precedente dello stesso gruppo, e cioè che esistono alcune proteine che iniziano a cambiare molti anni prima della diagnosi. La loro presenza può quindi costituire una sorta di firma, e aiutare ad adottare strategie terapeutiche personalizzate che rallentino la progressione della malattia come la fisioterapia mirata.

Nello studio i ricercatori hanno verificato un insieme di 126 proteine nel sangue di 200 donne di età compresa tra i 45 e i 65 anni che avevano partecipati a uno studio durato alcuni anni,; circa metà, negli anni, aveva sviluppato l’artrosi. Hanno potuto così controllare quali erano proteine presenti, e in che concentrazioni, dopo due anni dall’inizio e dopo sei, e mettere in relazione quanto osservato con lo stato di salute delle partecipanti. Il risultato è stato che esistono sei proteine che, se presenti, danno una probabilità del 77% di distinguere tra chi si ammalerà (in realtà lo è già) e chi no negli otto anni successivi. Inoltre, delle 24 proteine totali che confermano la presenza di artrosi, il 58% è anche significativa come indicatore della progressione. L’accuratezza (cioè quanti casi, tra quelli realmente presenti, sono identificati) di queste proteine è dell’85% per la diagnosi, e del 74% per la progressione.

Oggi le previsioni si fanno tenendo presente il peso (ma in quel caso l’accuratezza è del 51%), oppure il dolore al ginocchio (57%), ma se questi risultati fossero confermati, molto potrebbe cambiare, e l’artrosi potrebbe essere diagnosticata anni prima che si presenti con i sintomi dolorosi, e quindi controllata in maniera assai più efficace di quanto non si riesca a fare oggi.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 30 aprile 2024
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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