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Per combattere il declino cognitivo tipico dell’età ci vuole equilibrio: quello del thai chi

Il thai chi, specie se leggermente modificato ad hoc, può aiutare a contrastare gli effetti del declino cognitivo tipico dell’età (che in alcuni prelude a una demenza), sia dal punto di vista delle funzioni superiori che da quello delle conseguenze sulla mobilità e sulla deambulazione. Lo ha dimostrato uno studio condotto dai neurologi e geriatri dell’Università dell’Oregon di Portland pubblicato sugli Annals of Internal Medicine, nel quale 300 persone con più di 65 anni sono state invitate a prendere parte alla sperimentazione. Tutte avevano un declino cognitivo documentato, e tutte sono state invitate a seguire uno tra tre protocolli: uno con thai chi specifico per migliorare la concentrazione, uno con thai chi classico e uno con un normale programma di stretching. Il protocollo, uguale per tutti, prevedeva due sedute settimanali della durata di un’ora, da attuare a casa propria, con la guida video di un istruttore qualificato, per un periodo complessivo di 24 settimane. I partecipanti sono stati controllati tre volte, e cioè a 16, 24 e 48 settimane dall’inizio della “terapia”, e i risultati sono stati nettamente a favore del thai chi rinforzato. Chi ne aveva seguito le lezioni, infatti, ha avuto un miglioramento statisticamente significativo, e migliore rispetto alle altre attività, in tutte le scale che definiscono il deficit cognitivo (per esempio valutando la concentrazione, il problem solving e le funzioni esecutive complesse, così come in quelle che valutano la fluidità della deambulazione. Inoltre, l’effetto era ancora visibile dopo 48 settimane, cioè sei mesi dopo l’intervento. Non sono emerse conseguenze negative, e ciò conferma che un protocollo di questo genere potrebbe essere consigliato a tutti.

Le linee guida prevedono già lo svolgimento di un’attività fisica regolare per prevenire il decadimento cognitivo e le demenze, ma questo studio suggerisce che il thai chi possa essere più efficace rispetto ad altre attività: sarebbe consigliabile praticarlo, anche in aggiunta al resto. Se poi è appositamente studiato, la sua efficacia è ulteriormente amplificata.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 12 dicembre 2023
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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