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Per capire i progressi delle donne basta studiare l’evoluzione dei piedi delle Barbie

Anche le Barbie, le iconiche bambole prodotte dalla Mattel dal 1959, possono raccontare molto dell’evoluzione della società. E possono farlo non solo per ciò che indossano e i ruoli che richiamano, ma anche per il tipo di piede che hanno.

Tradizionalmente, infatti, il piede era inarcato per indossare vertiginosi tacchi a spillo, perché l’ideale di donna rappresentato era solo quello di una donna che seguiva soprattutto la moda e che non aveva un impegno lavorativo o sociale. Nel tempo, però, le cose sono cambiate e le Barbie sono diventate sempre più inclusive, rappresentando vari tipi di professioni, disabilità, gruppi etnici e così via. Per questo i ricercatori della Monash University di Frankston, in Australia, hanno tracciato un profilo cronologico, analizzando ben 2.750 versioni di Barbie messe in commercio tra il 1959 e il 2024 (senza includere edizioni speciali), e controllando il piede di tutte. Il risultato, illustrato in un articolo pubblicato su PLoS One, ha mostrato plasticamente l’evoluzione culturale intercorsa negli ultimi sesstant’anni: se all’inizio il 100% delle Barbie aveva il piede chiamato a cavallo, inarcato per i tacchi, tra il 2020 e il 2024 la percentuale era scesa al 40%, mentre nel 60% rientravano piedi adatti a calzature basse, sportive o meno, in molti casi specifiche per certe professioni. Fermo restando che la scelta sul tipo di piede può essere stata dettata anche solo da strategie di marketing – commentano gli autori – indubbiamente i cambiamenti dei piedi riflettono quelli della società, e sono da cogliere come una delle tante prove dei progressi fatti dall’emancipazione femminile e dalla rappresentazione delle donne. Molto, comunque, resta da fare.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 16 maggio 2025
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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