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Per la prima volta è stato sequenziato tutto il DNA di un egizio vissuto 4.500 anni fa

Per la prima volta il DNA di un antico egizio, vissuto tra il periodo protodinastico e l’antico Regno, e cioè tra 4.500 e 4.800 anni fa, è stato interamente decifrato, e ha fornito informazioni preziose relative a diversi aspetti della sua vita.

I resti erano contenuti in un recipiente di ceramica (fatto che non stupisce perché in quell’epoca la mummificazione non era ancora molto diffusa), trovati nella necropoli di Beni Hasan, vicino al villaggio di Nuwayrat, a circa 250 chilometri dal Cairo, ed erano stati portati in Gran Bretagna nel 1902, all’istituto di archeologia di Liverpool, in base a un accordo con le autorità egiziane rimasto in vigore fino al 1983, per poi essere trasferiti al World Museum. Lì i ricercatori del Crick Institute di Londra hanno analizzato un dente e alcune ossa, e sono riusciti a sequenziare tutto il genoma. Come hanno poi riferito su Nature, è emerso che per l’80% il suo DNA era tipico delle popolazioni nordafricane, ma per un 20% era simile a quello delle popolazioni del Medio Oriente e, in particolare, della Mesopotamia (l’odierno Iraq). L’uomo era cresciuto in Egitto, come si evince dall’alimentazione, che ha lasciato tracce genetiche e antomiche, e forse era un vasaio. L’indagine ha infatti svelato che le ossa del bacino erano larghe, come quelle di chi sta molto seduto, e quelle delle braccia lunghe e compatibili con ampi movimenti ripetuti come quelli di chi lavora a un tornio. Inoltre aveva un’artrosi del piede destro, anch’essa tipica dei vasai. Ciò che non è chiaro è perché i suoi resti siano stati sepolti in una tomba: di solito non avveniva, per i semplici vasai. Ma forse questo artigiano era particolarmente abile, o aveva lavorato per qualche faraone, che in quell’epoca iniziava a costruire le prime piramidi come quelle di Saqqara.

Il viaggio del vasaio è particolarmente affascinante, infine, perché il museo in cui era ospitato è stato pesantemente bombardato durante la seconda guerra mondiale, e ha perso moltissimi reperti, andati distrutti. Ma non il recipiente con le ossa del vasaio, arrivato fino a noi.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 30 luglio 2025
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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