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Partita la sperimentazione di un farmaco
che neutralizza le radiazioni nucleari

Nella speranza che non ce ne sia mai bisogno, il Radiation and Nuclear Countermeasures Program del National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID) statunitense ha annunciato l’avvio della prima fase della sperimentazione sull’uomo di un composto in studio già dal 2006, chiamato HOPO 14-1, che potrebbe essere di grande aiuto in caso di contaminazione da radiazioni.

L’esposizione a isotopi radioattivi provenienti da bombe nucleari o da incidenti a centrali per la produzione di energia provoca tossicità acute, che possono portare anche alla morte nel giro di poche ore, e danni a lungo termine, prevalentemente a carico della tiroide e relativi al rischio oncologico, che cresce considerevolmente. I diversi tipi di radiazioni possono infatti danneggiare organi e tessuti, e alterare la struttura del DNA fino a causare vari tipi di tumore.

Al momento esistono due molecole utilizzate in questi casi, entrambe derivati di un composto chiamato dietil-ene-triamina-pentacetato o DTPA, che hanno lo scopo di catturare e legare gli elementi che emettono radiazioni presenti nel sangue – nello specifico: il plutonio, l’americio e il curio - e permetterne così la loro espulsione dall’organismo. Tuttavia, entrambi devono essere somministrati attraverso un’iniezione endovenosa, e sotto controllo medico: una modalità che li rende poco adatti a situazioni di emergenza, e a predisporre piani di prevenzione del rischio nucleare per tutta la popolazione. Per questo, da molti anni si studiano alternative da somministrare in pillole, per via orale, e l’HOPO 14-1 sembra offrire più di una speranza, perché nei modelli preclinici si è rivelato cento volte più potente dei derivati del DTPA, e capace di legare anche l’uranio e il neptunio, oltre ai precedenti.

Per questo motivo, 42 persone in buona salute, di età compresa tra i 18 e i 65 anni, suddivise in sette gruppi da sette, riceveranno dosi crescenti di HOPO 14-1, da 100 e 7.500 milligrammi (dose che sarà somministrata solo se quelle più basse si confermeranno sicure). Poi, per 14 giorni, saranno tutti controllati dettagliatamente, per verificare sia l’assorbimento, l’escrezione e gli altri parametri farmacologici che le eventuali tossicità.

I risultati dovrebbero essere resi noto nel 2024. Sperando che non vi sia necessità di accelerare i tempi.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 18 maggio 2023
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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