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Pancreas, farmaco “doppio”
per frenare un tumore difficile

di Agnese Codignola

Il tumore del pancreas è ancora oggi uno dei più difficili da combattere. Le sue particolari caratteristiche, la posizione nell’addome, il fatto che le lesioni maligne si formino all’interno di una matrice molto densa (nella quale è difficile fare giungere le terapie perché l’apporto di sangue è scarso), e il fatto che il tumore stesso non dia sintomi fino a quando non è ormai tardi, spiegano perché è così complesso trovare un rimedio efficace.  Ma una terapia molto avanzata, già applicata con successo in altre forme tumorali (soprattutto, ma non solo, del sangue), potrebbe aiutare a modificare la situazione. In particolare, gli oncologi del Boston Children’s Hospital (Stati Uniti) hanno effettuato una serie di esperimenti su colture cellulari e sugli animali da laboratorio che autorizzano ad aprire una speranza, se tutto verrà confermato. 

I ricercatori hanno utilizzato un tipo di farmaco chiamato ADC, o Antibody-Drug Conjugate, composto da due parti: un anticorpo monoclonale (cioè un anticorpo creato in laboratorio grazie all’ingegneria genetica) diretto contro una proteina chiamata ICAM1, espressa in grande quantità sulla superficie delle cellule cancerose, ma non sulle altre, e un composto citotossico chiamato mertansina, già usato contro alcuni tumori della mammella. L’anticorpo monoclonale permette di raggiungere in molto altamente selettivo il tumore, mentre la mertansina lo distrugge. Il tutto con un diametro di meno di 10 nanometri, che fa sì che questo farmaco “doppio” si faccia strada nella matrice del carcinoma del pancreas e raggiunga la massa più agevolmente rispetto a tante altre terapie che sono state sperimentate negli anni, e a quelle normalmente in uso.

Come riferito sulla rivista Advanced Science, la sostanza, scelta con cura tra molte altre possibili combinazioni di anticorpi e di agenti citotossici, riesce a uccidere in vitro le cellule di tumore del pancreas, mentre lascia intatte cellule di pancreas non maligne.

Sugli animali, somministrato due sole volte, è più efficace rispetto alla mertansina da sola, alla gemcitabina (un chemioterapico classico utilizzato come riferimento) e al placebo, arresta la crescita della massa tumorale primaria del pancreas, ma anche quella delle metastasi addominali eventualmente presenti.

Il composto, inoltre, può essere monitorato grazie a una specifica tecnica di risonanza magnetica molecolare messa a punto dagli stessi autori, che visualizza la sua localizzazione sull’organo e consente di seguirne l’andamento senza bisogno di biopsie o altri esami invasivi.

Tutto ciò dovrà essere confermato e poi sperimentato sugli uomini prima di diventare disponibile per i malati, ma poiché esistono altri tumori per i quali sono già stati approvati farmaci ADC, le speranze di successo sono motivate.

Data ultimo aggiornamento 23 novembre 2020
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco


Vedi anche: • Contro i tumori, sempre più immunoterapia


Tags: ingegneria genetica, pancreas



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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