ASTROBIOLOGIA
Organoidi di cuori inviati nello spazio,
per avere benefici (anche) sulla Terra

Tutto è andato come previsto, nei giorni scorsi, per la navicella SpaceX CRS-27. E le due teche con i cuori-in-un-chip, ossia i dispositivi ibridi messi a punto alla Johns Hopkins University di Baltimora in collaborazione con la NASA, sono partite per il loro viaggio con destinazione Stazione Spaziale Internazionale. Lì rimarranno per alcune settimane, e al loro rientro sarà possibile studiare che cosa è successo a quelle cellule e, in particolare, ai mitocondri, in condizioni di microgravità.
Lo heart-on-a-chip spaziale, dal quale cui si attendono informazioni importanti per la permanenza degli esseri umani nello spazio ma, anche, per l’invecchiamento dei tessuti cardiaci sulla Terra (i due fenomeni presentano diversi aspetti comuni), è stato realizzato partendo da cellule staminali totipotenti, messe a crescere con soluzioni che le fanno diventare cardiomiociti pulsanti, del tutto sovrapponibili a quelli che si trovano nel cuore, responsabili della contrazione del muscolo cardiaco. Le cellule, inoltre, crescono su un supporto che contiene due perni, uno flessibile e uno rigido; il primo ha in sé un magnete che, unito a un sensore, raccoglie le informazioni sulla contrattilità delle cellule. Il tutto è poi sigillato in modo che non vi sia perdita di liquidi o altro durante il volo e poi nella permanenza in orbita. Gli esperimenti prevedono anche la somministrazione di tre farmaci, che dovrebbero servire a prevenire i danni che si verificano durante il volo.
L’astrobiologia vive un momento di grande sviluppo, in previsione anche della costruzione di basi lunari, prevista per i prossimi anni, e dei futuri viaggi verso Marte. Nel frattempo, non di rado offre soluzioni innovative per malattie da curare sulla Terra.
A.B.
Data ultimo aggiornamento 21 marzo 2023
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