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Linfociti-T gamma delta attivi
contro i tumori tripli negativi

di Agnese Codignola

Circa il 10-15% delle donne che si ammalano di tumore al seno ha una forma di cancro particolarmente ostica da combattere, chiamata triplo negativo perché insensibile a tre diversi approcci terapeutici. Ora però una scoperta effettuata dai ricercatori del Crick Institute (https://www.crick.ac.uk/news/2019-10-09_unique-immune-cell-could-help-stop-breast-cancer ) e del King’s College di Londra e pubblicata sulla rivista Science Translational Medicine (https://stm.sciencemag.org/content/11/513/eaax9364 ) apre nuovi scenari, perché identifica una sottopopolazione di cellule del sistema immunitario che sembra giocare un ruolo di primaria importanza nella lotta alla malattia.
I biologi molecolari londinesi hanno infatti dimostrato che anche nel tessuto tumorale di queste donne, come già dimostrato da altri per alcuni tumori della pelle e del polmone, esistono dei linfociti T chiamati gamma delta, che intervengono contro le cellule stesse. Ciò accade perché sulla loro superficie esistono proteine specifiche chiamate recettori V delta 1, le quali, in risposta allo stress (dove per stress si intendono le condizioni anomale indotte dalla presenza di un tumore), mobilitano il linfocita contro le cellule malate e richiamano nella zona altre molecole che hanno la stessa funzione.
Verificando la presenza di questi linfociti nei frammenti di tessuto (prelevati con le biopsie) ed esaminando il destino clinico di 11 pazienti operate e sottoposte a terapie farmacologiche, gli autori hanno dimostrato che coloro (5) che erano sopravvissute erano anche quelle che avevano una maggiore espressione di linfociti T gamma delta, mentre le donne (6) che non avevano superato la malattia ed erano decedute nei due anni successivi avevano – tutte tranne una - un’espressione minore degli stessi.
Le possibilità che ora si aprono, se questi dati saranno confermati, sono almeno di due tipi: si potrà cercare di indirizzare il sistema immunitario verso una maggiore espressione ("produzione") di questi linfociti, con un approccio non molto diverso da quello che ha permesso di giungere agli immunoterapici antitumorali noti come inibitori di checkpoint. Inoltre, si potrà cercare di trapiantare nelle malate dosi sufficienti di questi linfociti, ottenendoli da donne sane che ne esprimono in quantità, oppure, in futuro, da sistemi gestiti in vitro.

Data ultimo aggiornamento 16 dicembre 2019
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco


Vedi anche: • Aron Goldhirsch: tumore al seno, le tecniche per frenare le ricadute


Tags: linfociti T, tumore al seno



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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