TEPLIZUMAB
Nuovo anticorpo monoclonale rallenta
la progressione del diabete di tipo 1
Alla fine di novembre la Food and Drug Administration (FDA, l’ente che regola la sperimentazione e la commercializzazione dei farmaci negli Stati Uniti) ha approvato un anticorpo monoclonale chiamato teplizumab, che potrebbe rappresentare un punto di svolta per la cura del diabete di tipo 1 (quello con un’origine autoimmune), perché riesce a ritardare di molto la progressione della malattia: un effetto particolarmente prezioso per i casi pediatrici, in aumento in tutto il mondo, ma molto importante anche per gli adulti. E lo fa agendo sul sistema immunitario che, per errore, nelle persone con il diabete di tipo 1 attacca le cellule beta del pancreas (quelle che rilasciano l’insulina, necessaria per la gestione degli zuccheri). Il teplizumab, in particolare, neutralizza i linfociti chiamati T CD8 - le cellule del sistema immunitario che reagiscono contro quelle del pancreas - attraverso il blocco di una proteina chiamata CD3 e, in questo modo, fa in modo che non venga annientata la produzione di insulina, regolando al tempo stesso l’autoimmunità.
Nel Teplizumab Prevention Study, condotto su 76 pazienti ad altissimo rischio, molti dei quali giovani o giovanissimi e ancora asintomatici (ma con gli autoanticorpi specifici e alterazioni della glicemia), il nuovo farmaco è riuscito a ritardare l’insorgenza del diabete di almeno due anni rispetto al placebo, mentre nella sperimentazione chiamata TN-1 ha ridotto il rischio di progressione quasi del 60%.
Prevenire l’evoluzione della malattia significa avere più possibilità di evitarne le conseguenze a lungo termine, quali i danni ai vasi sanguigni (soprattutto dei piedi e delle gambe) e agli occhi. Secondo i ricercatori, il teplizumab potrà diventare l’apripista di una nuova classe di farmaci che, finalmente, possano agire sulle cause prime del diabete, quelle autoimmunitarie.
A.B.
Data ultimo aggiornamento 29 novembre 2022
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