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L’estratto di corbezzolo potrebbe proteggere le mucose intestinali dalla colite ulcerosa

I frutti del corbezzolo (Arbutus unedo), pianta diffusa in tutto il bacino del Mediterraneo, potrebbero trovare una nuova collocazione nell’ambito delle terapie contro la colite ulcerosa. Uno studio pubblicato sul Journal of the Science of Food and Agriculture mostra infatti una possibile azione terapeutica in tal senso.

In esso i ricercatori dell’Istituto di biotecnologie de Beja, in Tunisia, hanno prodotto un estratto acquoso, decotto, dai frutti del corbezzolo, chiamato AUFDE (da aqueous extract of Arbutus unedo) e l’hanno somministrato a modelli animali di colite ulcerosa. Per confronto, ad altri animali non era stato dato nulla e a un terzo gruppo era stata somministrata la sulfasalazina, ossia la terapia standard. Il risultato è stato che gli animali trattati con AUFDE hanno avuto una protezione delle mucose intestinali e un livello inferiore di stress ossidativo rispetto ai controlli. Inoltre, hanno avuto livelli ridotti di infiammazione e del disordine metabolico tipico della colite ulcerosa.

La terapia della colite ulcerosa si basa su vari tipi di farmaci, tutti gravati da significativi effetti collaterali, che non riescono a curare, ma possono solo tenere a freno la reazione autoimmune che scatena l’infiammazione intestinale. Se i dati ottenuti su animali fossero confermati, l’estratto di corbezzolo potrebbe essere di aiuto per ciò che riguarda la protezione delle mucose, aspetto assolutamente fondamentale e non affrontato in modo soddisfacente dalle attuali terapie.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 28 maggio 2025
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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