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Negli anziani il paracetamolo è meno sicuro di quanto si pensi, se usato troppo spesso

Il paracetamolo, uno degli antinfiammatori-antidolorifici non steroidei (noti anche come FANS) più utilizzati al mondo, non è così sicuro come si pensa, soprattutto negli anziani che lo utilizzano per contrastare dolori come quelli dell’artrosi. Se utilizzato regolarmente per periodi di tempo prolungati è infatti associato a un chiaro aumento del rischio di ulcere gastriche e complicazioni renali e cardiovascolari. Lo dimostra uno studio pubblicato su Arthritis Care & Research nel quale sono stati attentamente analizzati i dati di oltre 180.000 persone con più di 65 anni (età media: 75 anni) che erano state trattate con il farmaco ripetutamente, cioè con più di due prescrizioni ogni sei mesi, nel periodo compreso tra il 1998 e il 2018 e, per confronto, quelli di oltre 402.000 persone con caratteristiche analoghe, ma che non erano state trattate con lo stesso medicinale. Il paragine non ha lasciato dubbi: gli anziani cui era stato prescritto il paracetamolo hanno avuto un’incidenza nettamente più elevata di ulcere (compreso tra il 20 e il 36%, a seconda del tipo di ulcera) e anche un incremento del rischio di altre complicazioni, prevalentemente a carico dei reni (+19%) e dell’apparato cardiovascolare (+7-9% per ipertensione e scompenso, rispettivamente). La conclusione degli autori, geriatri e farmacologi dell’Università di Nottingham, in Gran Bretagna, è quindi che, prima di prescrivere terapie antidolorifiche croniche a base di paracetamolo a un anziano, è necessaria un’attenta valutazione del quadro generale, e un bilancio dei possibili benefici a fronte dei rischi.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 17 dicembre 2024
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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