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Le protesi acustiche e gli impianti cocleari contrastano isolamento sociale e solitudine

L’impiego di protesi, apparecchi, impianti cocleari e di tutti gli ausili che possono aiutare a sconfiggere la sordità ha ripercussioni molto positive sulla socialità, sul senso di isolamento e quindi sul tono dell’umore e sul benessere complessivo della persona con sordità. Lo dimostra una grande revisione degli studi pubblicati negli ultimi anni, che ne ha preso in considerazione 65, che hanno coinvolto un totale di poco meno di oltre 8.600 persone dell’età media di 64-66 anni, tutte con sordità di diverse gravità, da media a profonda. Come riportato su JAMA Otolaryngology Head & Neck Surgery, i risultati non hanno lasciato dubbi sui benefici. Qualche sia lo strumento, chi sconfigge parzialmente o del tutto il deficit di udito ne ottiene grandi benefici, perché riesce a prendere parte alla vita sociale in modo molto più attivo e si sente meno isolato e portatore di un handicap. E questo, a sua volta, aiuta a tenete lontana la depressione. Non a caso il contrasto alla sordità figura anche tra i rimedi che, se posti in essere, possono prevenire lo sviluppo della demenza di Alzheimer. Per questo – concludono gli autori, ricercatori dell’Università della California di Los Angeles – bisogna sempre incoraggiare l’impiego dello strumento più adatto, vincendo anche le resistenze che molte persone hanno, perché sottovalutano le conseguenze della perdita di udito. Per migliorare la diffusione di protesi e impianti, infine, sarebbero opportuni sostegni economici pubblici, perché molte persone rinunciano a causa dei costi elevati.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 15 luglio 2025
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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