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Morbo di Crohn, contro le recidive vincono cure personalizzate

La strategia migliore per affrontare il morbo di Crohn è verificare l’andamento delle terapie e decidere di volta in volta quali farmaci prescrivere. A suggerirlo sono i risultati ottenuti dai ricercatori del Dipartimento di gastroenterologia dell’Università di Melbourne, in Australia, sperimentando due diversi protocolli.

Nell’ambito dei loro studi, pubblicati su Lancet, sono stati tenuti sotto controllo pazienti con morbo di Crohn sottoposti a un intervento chirurgico all’intestino e trattati secondo una metodica classica che non prevede nessun controllo ravvicinato, ma solo la somministrazione di farmaci immunosoppressori, e altri pazienti curati con un nuovo approccio basato sull’esecuzione di ecografie ogni 6 mesi e conseguente definizione della terapia farmacologica in base all’esito dell’esame ecografico. Dopo 18 mesi è parso chiaro come questo secondo approccio fosse associato a una significativa riduzione delle recidive.

Queste ultime sono un problema tutt’altro che infrequente. Un numero non piccolo di persone colpite da morbo di Crohn deve infatti essere operato per far fronte a ulcere intestinali, salvo poi finire nuovamente in sala chirurgica a causa di recidive. Il protocollo di cura personalizzato proposto dai ricercatori australiani sembra adatto ad arginare questo problema e a garantire il mantenimento di una qualità di vita accettabile.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 9 giugno 2015
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco


Tags: farmaci, morbo di Crohn, recidive



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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