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Malattie autoimmuni, è anche colpa delle tempeste solari?

Gli esperti di alcune delle istituzioni più prestigiose al mondo nel campo della medicina e della fisica hanno pubblicato su BMJ Open un articolo che propone un’ipotesi quantomeno inconsueta sui fattori che possono contribuire allo sviluppo di alcune malattie autoimmuni, in particolare dell’artrite reumatoide, che colpisce le articolazioni, e dell’arterite a cellule giganti, malattia che invece colpisce i vasi. Secondo gli esperti, infatti, tra di essi vi sarebbero anche le tempeste solari.

L’ipotesi nasce dall’osservazione di una strana associazione: quella tra la periodicità delle tempeste solari, che si ripresentano ogni 10-11 anni, e il picco di incidenza delle due malattie osservato negli ultimi 50 anni in alcune zone degli Stati Uniti particolarmente esposte alle dosi elevate di onde elettromagnetiche che arrivano sulla terra nei 12 mesi successivi a questi eventi solari. Secondo gli autori dello studio il fatto che i due fenomeni coincidano non è casuale. Tra le sue possibili spiegazioni potrebbero essere incluse variazioni nei livelli di melatonina, molecola le cui quantità fluttuano a seconda della presenza delle onde elettromagnetiche, ma non solo. Ad entrare in gioco potrebbe infatti essere anche un aumento della produzione di radicali liberi innescato da modificazioni nell’elettricità atmosferica.

Ora gli studi stanno proseguendo per verificare se la stessa associazione sia o meno riscontrabile in altre zone della terra con caratteristiche simili e per trovare nuove prove del fenomeno. Nel caso in cui l’ipotesi degli autori di questo studio fosse confermata la scoperta potrebbe essere sfruttata per adottare misure preventive nei soggetti più a rischio.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 1 luglio 2015
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco


Tags: artrite reumatoide, melatonina



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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