RISCHIO PANDEMIA
Maiali, tigri bengalesi, leoni e galline sono
le nuove vittime degli spillover dell’aviaria

L’influenza aviaria o H5N1, che sta destando molta preoccupazione negli Stati Uniti, per il salto di specie alle mucche da latte e all’uomo, ha infettato anche un maiale: uno degli eventi più temuti, per il timore che si sviluppino mutazioni e perché il contagio dimostra la pericolosità delle fattorie e degli allevamenti, dove coesistono diverse specie di animali che possoni scambiarsi il virus. Nelle settimane scorse, poi, aveva provocato la morte di una quarantina di tigri del Bengala in Vietnam, e l’abbattimento di 600.000 galline in un allevamento di Codigoro, in provincia di Ferrara.
Cresce così l’allarme per l’espansione di uno dei virus considerati più pericolosi, perché trasportato attraverso gli uccelli che migrano praticamente lungo rotte di tutta la Terra, e per i continui salti di specie, che potrebbero portare, prima o poi, all’emersione di un virus mutato e patogeno per l’uomo.
Anche il caso delle tigri del Bengala ha destato scalpore, perché ha colto i gestori del My Quynh Safari e del Vuon Xoai Zoo impreparati. Insospettititi dalla rapidità con la quale le tigri erano decedute, dopo due soli giorni di malessere, insieme a una pantera e tre leoni, i responsabili del sistema di sorveglianza vietnamita, il VNExpress, hanno analizzato gli animali, e scoperto il virus H5N1, quasi sicuramente contratto dalla carne cruda di pollo che era stata data loro da mangiare, e che era stata acquistata in un mercato locale.
A Codigoro, invece, l’aviaria si è sviluppata in un allevamento di galline, ed è stato necessario abbatterne un numero enorme per cercare di contenere l’epidemia: tra le 5 e le 600.000.
Ma il caso che sta tenendo con il fiato sospeso il mondo è quello delle oltre 200 mucche da latte contagiate in decine di stati americani dallo scorso mese di marzo a oggi, cui si aggiunge il maiale, perché coinvolge il circuito degli allevamenti intensivi. Finora, tra i lavoratori ci sono stati una quarantina di contagi, e anche se nessuno di essi ha causato un’influenza grave, l’allerta è massima. Secondo un articolo pubblicato su Nature, che riprende l’opinione di numerosi esperti, non si starebbero prendendo misure adeguate. Sarebbero infatti indispensabili un contenimento molto più severo (l’abbattimento, nel caso dei bovini, è molto costoso) e, soprattutto, la vaccinazione a tappeto di animali e lavoratori. Poiché, come si è visto con il maiale, negli allevamenti sono presenti molti altri tipi di animali, che potrebbero diventare serbatoi di rimescolamenti genetici, e poiché i mezzi e i lavoratori delle grandi filiere della produzione di carne e latte percorrono gli Stati Uniti per migliaia di chilometri ogni giorno, il rischio che si sta correndo è davvero molto elevato. Eppure da decenni i virus influenzali sono stati indicati da tutte le autorità sanitarie mondiali come quelli che più probabilmente provocheranno la prossima pandemia. E nonostante quando accaduto con il Covid 19.
A.B.
Data ultimo aggiornamento 1 novembre 2024
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco