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Le visite ai musei e il contatto con l’arte
sono potenti antidoti contro ansia e stress

Per contrastare l’ansia, la depressione e lo stress si può andare in un museo, e svolgere una delle numerose attività che vengono proposte in alcuni di essi. Quale che sia la modalità, il contatto con l’arte esercita infatti un potente effetto, che può contribuire in misura significativa a migliorare l’umore. Lo dimostrano i risultati ottenuti dagli psicologi delle Università Bicocca e Statale di Milano nell’ambito di un progetto chiamato ASBA (Anxiety, Stress, Brain-friendly museum, Approach - Il museo alleato del cervello contro ansia e stress), non ancora pubblicati su una rivista scientifica, ma presentati ufficialmente dall’ateneo a fine febbraio.

In esso sono stati coinvolti circa 350 visitatori di musei degli ultimi tre anni, ai quali è stato chiesto – grazie al contributo imprescindibile di decine di operatori museali - di compilare questionari e, in alcuni casi, di indossare un dispositivo wireless chiamato Brain-Computer Interface, che rileva l’attività elettrica cerebrale, per controllare gli effetti del contatto con l’arte.

Quanto emerso non ha lasciato dubbi, sia per le dimensioni degli effetti sia perché essi sono evidenti in situazioni e con tecniche diverse. Così, La mindfulness, approccio che punta sulla capacità di concentrarsi sul presente, è risultata la più efficace, soprattutto tra le persone in condizioni iniziali di elevata ansia e stress, con una riduzione di questi due fattori di quasi il 25%. Anche con l’Arteterapia si è avuta una diminuzione del 20%. Effetti solo di poco inferiori si sono registrati per le visite guidate, che hanno generato benefici indipendentemente dal livello iniziale di ansia e stress.

Inoltre, la Nature+Art, una strategia sperimentale che combina gli stimoli del patrimonio museale con quelli della natura, ha ridotto circa del 15% ansia e stress, e lo stesso è accaduto con le cosiddette Visual Thinking Strategies, discussioni guidate davanti a oggetti museali, e con l’ArtUP, un metodo che da un lato fornisce approfondimenti culturali basati sulla storia dell’arte, e dall’altro favorisce il dialogo sulla dimensione affettiva e psicologica che le opere d’arte suscitano in chi le fruisce.

Infine, uno dei musei coinvolti, quello - bellissimo - di Arte Orientale di Torino, ha sperimentato anche, in modo specifico per il personale, lo yoga della sedia (yoga chair), ottenendo egualmente risultati molto positivi.

Prima di ricorrere a terapie farmacologiche, per migliorare il tono dell’umore si può entrare in un museo: benefici garantiti, e nessun effetto collaterale.

 

 

A.B.
Data ultimo aggiornamento 14 marzo 2025
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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