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Le "temerarie" vite degli uomini
che hanno allungato la nostra

Katalin Karikò, premio Nobel per la medicina nel 2023 (foto di Janos Kummer / Getty Images)

di Antonio Armano

La struggente storia di Eos e Titone veniva talvolta rappresentata sul retro degli specchi antichi per ricordare la caducità umana, l’emorragia invisibile del tempo. Titone era il bellissimo principe di Troia. Di lui s’innamora Eos. La dea dell’aurora chiede a Zeus di renderlo immortale per poterlo amare per sempre. Ma si dimentica di domandare che resti giovane e se lo ritrova tra le braccia decrepito. Anche la voce del principe cambia. Titone parla con tono acuto e infine si trasforma in una cicala che canta all’infinito il suo amore per la dea dell’aurora dalle dita rosa.  

Riccardo Chiaberge rievoca il mito di Titone al termine di una intervista ad Assedio Bianco sul suo ultimo libro, La formula della longevità:  «Quello che conta non è battere primati di anzianità, diventare ultracentenari - spiega l’autore, già inviato del Corriere della Sera e poi direttore del supplemento culturale del Sole-24 Ore. - Quello che conta è invecchiare bene e nella pienezza delle facoltà cognitive. Come ha detto Rita Levi Montalcini, che pure è morta alla considerevole età di 103 anni, bisogna aggiungere vita ai giorni non giorni alla vita».

Poiché abbiamo iniziato dalla fine, ripartiamo dall’inizio facendo chiarezza. La formula della longevità non si occupa di scenari geriatrici, tantomeno di fantascientifiche sfide eterniste, ma è un’appassionante raccolta di storie dedicate a coloro che hanno contribuito ad aumentare la speranza di vita votando la propria esistenza a combattere una più o meno devastante causa di mortalità. Speranza di vita è un’espressione tecnica di grande carica poetica, sospesa tra statistica e destino, e racchiude quella che Chiaberge definisce una “rivoluzione silente”. Dall’inizio del secolo scorso a oggi, l’indice è raddoppiato arrivando a toccare nei Paesi occidentali la soglia degli ottant’anni per i maschi e a superarla per le donne. Salvo una parentesi di arretramento durante il covid. 

L’ANTENATO DEL VACCINO - Come a chiudere il cerchio, il covid viene implicitamente rievocato dalla vicenda virale di Lady Montagu, una delle prime e più interessanti figure raccontate nel libro di Chiaberge. «Si è parlato parecchio negli ultimi anni di Lady Montagu per via del risvolto femminista - dice l’autore ad Assedio Bianco. - Lei era un’aristocratica inglese del XVIII secolo, senza preparazione scientifica. Casomai scriveva poesie, traduceva dal latino. A Istanbul, dove si trovava al seguito del marito diplomatico, ha visto come le praticone ottomane immunizzavano i bambini dal vaiolo facendo un innesto, cioè provocando la malattia in forma leggera attraverso pus infetto, e ha portato in Inghilterra questo metodo, l’antenato del vaccino. È uno strano percorso storico. Dopo l’avventura di lady Montagu non risultano altri grandi scambi scientifici tra Occidente e Oriente. Il mondo islamico non ha avuto il Rinascimento o l’Illuminismo. Quindi è rimasto fermo e dipende dall’Occidente per quasi tutto quello che riguarda la tecnologia, la medicina e la scienza. Ma negli ultimi anni due coniugi turchi Ugur Sahin e Oezlem Tuereci, figli di immigrati in Germania, hanno fondato la Biontech, società all’avanguardia che ha creato con Pfizer il vaccino per il covid. La vicepresidente è Katalin Karikò, la premio Nobel ungherese, che ha abbandonato l’università americana per problemi di fondi alle sue ricerche sui vaccini a mRna, fuggita dal comunismo con i soldi nascosti dentro a un orsacchiotto di peluche».

UN NOBEL "RUBATO" - Un’altra storia molto interessante è quella di Giovan Battista Grassi, medico e zoologo che ha dedicato le proprie forze a combattere la malaria, uno dei più micidiali killer della storia umana, ancora molto attivo. Forse a causa della sua appartenenza a un Paese meno prestigioso e influente, lo studioso comasco nel 1902 si è visto soffiare il premio Nobel da Ronald Ross, medico militare inglese nato in India. «Oggi sembra pacifico che sia stato Grassi a identificare per primo i tipi di zanzara responsabili della trasmissione della malaria - spiega Chiaberge. - Ross si era limitato a definirli in modo non scientifico grey mosquito e dappled winged mosquito. La disputa scade a livelli di grande violenza verbale. Ross dà a Grassi del brigante romano. Emerge un pregiudizio anti-italiano diffuso dappertutto, dalla Francia all’Inghilterra agli Stati Uniti, contro i mangia-spaghetti. Siamo tutti solidali con Grassi perché è uno sconfitto e ha subito un’ingiustizia, anche se aveva un caratteraccio terribile. Meritava almeno un Nobel ex aequo. Ha svolto un ruolo importante anche nel combattere la malaria attraverso l’informazione e la prevenzione nelle campagne. Nel ’62 la malaria si considera sconfitta in Italia. Due anni prima c’era stata la morte di Fausto Coppi, ma il ciclista aveva preso il parassita durante una gara in Burkina Faso ed è morto per una diagnosi sbagliata nell’ospedale di Tortona, mentre Raphael Geminani, che si era ammalato insieme a lui, si è curato in Francia e si è salvato». Geminiani è ancora vivo e vegeto. Compirà cento anni nel 2025.

LA MORTALITÀ INFANTILE - L’allungamento della vita media rispetto all’800 si è avuto anche grazie alla drastica diminuzione della mortalità infantile. A questo proposito, Chiaberge racconta la storia del medico ungherese Ignác Semmelweiss, che scopre la causa della tremenda febbre puerperale nel più moderno e prestigioso ospedale dell’epoca, la Allgemeines Krankenhaus di Vienna: i medici che assistevano le partorienti erano gli stessi che, senza lavarsi le mani, effettuavano autopsie.
«Sì, è una storia agghiacciante - commenta Chiaberge. - Semmelweis ha capito il motivo delle morti. Nella clinica c’erano due padiglioni. In quello dove le pazienti erano assistite da ostetriche che non effettuavano autopsie l’incidenza della febbre era molto inferiore. Ma i medici, anche di fronte a questa evidenza, si sono chiusi in una difesa corporativa. Di fronte alla loro ostilità, Semmelweiss è diventato sospettosissimo, non voleva pubblicare i risultati delle sue ricerche sulle riviste scientifiche e quando lo ha fatto ha scritto una memoria di oltre cinquecento pagine. Insultava i dipendenti, buttava le lenzuola sporche sulla scrivania del direttore, maltrattava la giovane moglie. Ed è finito in un ospedale psichiatrico. È morto nel 1865 per setticemia dovuta a una ferita, in pratica la patologia che aveva combattuto per tutta la vita. Ma di fatto probabilmente è stato ucciso dalle percosse degli infermieri in manicomio. Una storia molto triste e grottesca. Decisamente deprimente».

L’INCIDENTE DI LAWRENCE D’ARABIA - Meno tormentata la vicenda di Hugh Cairns. Il neurochirurgo australiano, chiamato al capezzale di Lawrence d’Arabia, non riesce a salvarlo e si dedica allo studio di un modo per evitare le morti da incidente motociclistico. Ha creato un reparto, chiamato ironicamente “suite dello schiaccianoci”, dove venivano curati i motociclisti dell’esercito britannico che subivano un trauma cranico portando dispacci e compiendo altre missioni durante la seconda guerra mondiale. E qui si è accorto che quelli che usavano il casco spesso si salvavano. Possibile che la cosa non fosse evidente a tutti? «A noi sembra la scoperta dell’acqua calda, ma allora non era così - risponde Chiaberge. - Nessuno portava il casco, compreso Lawrence d’Arabia che girava col suo berrettino dell’aviazione e amava la velocità. Forse per compensare la depressione. Dopo il ritorno dalla missione in Medio Oriente, dove aveva vissuto pericolosamente tra deserti, beduini e cammelli, era stato messo a riposo anche se era ancora giovane. Oggi diremmo che lo hanno prepensionato». G. B. Shaw diceva che mettergli in mano una moto era come dare la pistola a un aspirante suicida. 

L’INVENZIONE DEL WATER - È sorprendente leggere di come le cose che oggi ci sembrano più ovvie siano il frutto di lunghi e faticosi studi, ricerche e battaglie di persuasione. Un capitolo illuminante ed esilarante è quello sull’invenzione e la diffusione del WC. Il termine sta per “water closet” e indicava all’origine una grande tazza solitamente chiusa in un armadio che andava svuotata regolarmente. Qualcosa di simile a un “Porta Potti” da campeggio. L’inventore è Alexander Cumming, orologiaio inglese di corte, un mago degli ingranaggi. Siamo alla fine del XVIII secolo e ancora molto tempo dovrà passare perché il WC si diffonda e soprattutto si integri con il collegamento alla rete fognaria finendo per creare nelle abitazioni quelle che Kundera definiva “inivisibili Venezie di merda”. Nel castello di Windsor, agli inizi del secolo successivo, la regina Anna risultava disporre di un “camerotto d’agiamento in marmo con cateratte d’acqua per spazzare via tutto”. Ma per il resto dell’umanità la strada verso i servizi igienici è ancora lunga. Intanto epidemie di colera mietevano vittime ovunque. Oggi sono 783 milioni gli esseri umani che non hanno accesso all’acqua pulita. E 673 milioni quelli che ancora sono costretti a defecare all’aperto. La maggior parte di loro vive in sette Paesi, tra Africa e Sudest asiatico (nel 2000 erano 1,3 miliardi). La pratica è associata ai livelli più alti di mortalità infantile, di denutrizione e di gravi infezioni intestinali.  

UNA FELICE CONVERGENZA - «Accanto al lavoro degli scienziati, è stato determinante l’impegno di politici, attivisti, riformatori sociali, che hanno gettato le basi della way of life di tutti noi cittadini del mondo industrializzato, una realtà di cui tanti, specie dopo la pandemia, tendono a enfatizzare solo gli aspetti negativi - scrive Chiaberge nel prologo del libro. - L’Occidente corrotto e depravato contro cui inveiscono gli ayatollah di Teheran e il patriarca russo Kirill, la modernità detestata in ugual misura dagli ultraconservatori e dai fanatici della cancel culture: cioè quella felice convergenza tra scienza, tecnologia, mercato, democrazia e diritti civili che ci ha garantito secoli di progresso, e senza la quale non saremmo mai riusciti a produrre a tempi di record dei vaccini efficaci contro un virus terribile e sconosciuto. Basta confrontare due semplici dati: nel 1918 l’influenza Spagnola uccide, secondo le stime piú caute, 50 milioni di persone in tutto il mondo, un secolo dopo le vittime del Covid sono meno di 7 milioni su oltre 765 milioni di contagi accertati». 

Riccardo Chiaberge, "La formula della longevità. Vite che hanno allungato la nostra vita", Neri Pozza, pagg. 284, euro 18

Data ultimo aggiornamento 18 novembre 2023
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco


Tags: recensioni



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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