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Le sostanze che sconfiggevano la morte
secondo gli imbalsamatori egizi

Uno dei misteri più affascinanti della storia, quello dell’imbalsamazione delle mummie egizie, è stato in parte svelato, grazie a una sensazionale scoperta fatta nell’area di Saqqara, e ha fornito diverse informazioni sorprendenti.

Finora, infatti, lo studio delle tecniche e delle sostanze utilizzate si era sempre basato su due tipi di dati: quelli provenienti dalle analisi sulle mummie stesse, e quelle contenute nei geroglifici, che però erano di scarso aiuto, perché era quasi impossibile sapere che cosa gli antichi egizi indicassero esattamente con una certa denominazione o simbolo. Poi però è stato scoperto, da un team misto di archeologi egiziani, dell’Università del Cairo, e tedeschi, di quella di Tubinga, un laboratorio per l’imbalsamazione, una sorta di scantinato a 30 metri di profondità risalente al 664-525 a.C., contenente dozzine di vasi e ampolle per le resine e gli unguenti, ciascuna con la sua denominazione: una sorta di stele di Rosetta del procedimento, ed è cambiato tutto.

Come riportato su Nature, l’indagine, effettuata su 31 contenitori con una tecnica mista che accoppia il gas-cromatografo con spettrometria di massa, ha permesso di individuare decine di sostanze, ciascuna con una sua funzione. Tra di esse vi sono estratti di cipresso, pistacchio e cedro, provenienti dal Mediterraneo orientale e usati per conferire alla mummia un odore gradevole, per i lavaggi, così come per le loro proprietà antibatteriche, catrami del Mar Morto e cera d’api per la conservazione del corpo ma anche, a sorpresa, una resina chiamata elemi, ricavata da un albero chiamato Canarium, che cresce solo nelle foreste di alcune parti dell’Africa (non in Egitto) e dell’Asia, e un’altra chiamata dammar, che deriva da un altro albero, la Shorea, presente solo in India, Sri Lanka e in alcuni paesi del Sud Est asiatico. Inoltre, le due sostanze note come incenso e mirra – in antico egizio – sefet e antiu – sono effettivamente resine e catrami provenienti da conifere, mentre il cosiddetto olio sacro è un olio con varie miscele vegetali. Ciò conferma che gli egizi commerciavano con tutto il Mediterraneo, con l’India e con l’Asia in generale fino alla Cina, oltreché con varie zone dell’Africa sub-Sahariana, anche se non spiega se gli esperti di imbalsamazione abbiano attivamente cercato unguenti e resine provenienti da paesi con vegetazioni più ricche, oppure se li abbiano scoperti per caso. Ciò che appare chiaro è che la tecnica si è via via complicata con il procedere delle dinastie, e che alcune delle sostanze utilizzate potrebbero essere utili anche oggi, per esempio come antibatterici. Lo studio, disponibile per tutti, entra nel dettaglio delle procedure e dei diversi momenti in cui erano utilizzate le sostanze: una lettura quantomai affascinante.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 15 febbraio 2023
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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