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Le piante più efficaci per purificare l’aria inquinata sono edera, maggiorana e lavanda

Per purificare l’aria del giardino o del terrazzo o per pianificare aree verdi urbane che raggiungano lo stesso scopo nelle zone particolarmente inquinate, alcune piante sono più adatte di altre. In particolare l’edera, la maggiorana e la lavanda assolvono questa funzione egregiamente, grazie alle caratteristiche strutturali e morfologiche delle foglie. Lo hanno dimostrato i ricercatori dell’Università del Surrey, in Gran Bretagna, che hanno sperimentato dieci diversi tipi di piante su un muro largo 1,4 metri posto nelle vicinanze di un’autostrada. Come illustrato su Science of the Total Environment, le tre piante vincitrici hanno dimostrato di trattenere gli inquinanti anche più piccoli, compresi i diversi tipi di polveri sottili (PM1, PM2,5 e PM10), grazie alla rugosità delle foglie, alla presenza di peli e al numero di stomi presenti. Gli stessi contaminanti, poi, quando piove, vengono trascinati nella terra e non si disperdono ulteriormente in atmosfera.

Lo studio ora prosegue per comprendere ancora meglio quali siano le caratteristiche che rendono una pianta particolarmente abile nel purificare l’aria, se altre piante possiedano tali qualità e quale sia il modo migliore di trattare il terreno che, nel tempo, accumula le PM. Nel frattempo, chi desidera creare una microatmosfera meno contaminata davanti casa, può scegliere una delle tre o, meglio, tutte e tre.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 13 marzo 2024
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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