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Lavorare in un ambiente rumoroso rende
molto, molto più difficile concentrarsi

Lavorare o comunque svolgere attività che richiedono concentrazione in un ambiente mediamente rumoroso significa avere performance peggiori, e di questo bisognerebbe tenere conto quando si progettano edifici la cui destinazione è, appunto, lavorativa, e probabilmente non solo per quelli. Lo dimostra uno studio effettuato dagli audiologi e neurologi della Chalmers University di Gotheborg, in Svezia, nel quale un gruppo di 42 volontari è stato sottoposto a una serie di semplici test come osservare e commentare immagini su uno schermo, e rispondere ad alcune domande relative a esse, in un ambiente silenzioso, oppure in uno dove c’era un rumore di 40 decibel, simile a quello che si ha in un ufficio posto a una distanza di 10-50 metri da una strada con un traffico cittadino normale. Come illustrato su Environmental Research and Public Health, coloro che avevano “lavorato” nel rumore raggiungevano sempre punteggi inferiori rispetto a chi lo aveva fatto in un ambiente silenzioso, e in misura crescente per ogni aumento di decibel. Il rumor è dunque nemico della concentrazione,e  di questo bisognerebbe sempre tenere conto.

In Svezia, come in altri paesi, la progettazione di nuovi edifici valuta la media del rumore di una certa zona nelle 24 ore, e non dei picchi che si verificano in certe ore, o al passaggio di mezzi pesanti e così via. In questo modo, però - fanno notare i ricercatori - non si tengono nella giusta considerazione i rumori più forti cui una persona può essere sottoposta, anche se, come è noto, il rumore è associato a una serie di effetti negativi sulla salute quali l’induzione di uno stato infiammatorio, l’aumento del battito cardiaco e altre conseguenze collegate allo stress (per tale motivo esistono limiti di legge). A questi di aggiunge ora il peggioramento della concentrazione e delle performance lavorative con livelli di rumore finora considerati innocui, e del tutto normali. Secondo gli autori, la progettazione degli edifici e i parametri che dovrebbero essere tenuti in considerazione dovrebbero essere rivisti con un approccio più completo e che ponga la salute delle persone al di sopra di qualunque altra considerazione; un esempio di un modello utile per condurre studi di questo tipo è quello proposto dagli stessi autori, in un altro studio pubblicato questa volta su Building Acoustics.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 22 giugno 2023
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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