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La sindrome da affaticamento cronico è provocata anche da linfociti T esausti

La sindrome da affaticamento cronico o encefalomielite mialgica, nota anche come ME/CFS (da myalgic encephalomyelitis/chronic fatigue syndrome), malattia misteriosa, rara, molto debilitante e tornata sotto i riflettori per le sue analogie con la sindrome post virale causata dal Covid, il Long Covid, è causata - anche - dall’esaurimento di alcuni tipi di cellule del sistema immunitario preposte alla risposta ai patogeni, i linfociti T CD8+. Lo hanno dimostrato gli immunologi della Cornell University di New York, che in uno studio pubblicato su PNAS hanno descritto quanto scoperto confrontando e cellule immunitarie di 28 malati e di una trentina di controlli. Il risultato è stato che i linfociti dei malati mostrano tutti i marcatori e le caratteristiche dei linfociti che, avendo combattuto contro un virus o un altro patogeno, hanno esaurito il loro ciclo vitale e, di solito, sono destinati a morire e a essere sostituiti. Evidentemente, nella malattia, restano tali, condizionando la formazione di cellule fresche e reattive e provoicando i sintomi. Aver scoperto questa situazione è molto importante, per diversi motivi. Innanzitutto rafforza l’idea che la ME/CSF sia anch’essa una sindrome post virale: i linfociti CD8+ si trovano in quello stato perché, con ogni probabilità, sono stati impegnati nella battaglia contro qualche virus o batterio. Poi conferma quanto proposto anche per il Long Covid, e cioè che queste sequele delle infezioni siano dovute a un funzionamento del sistema immunitario non ottimale che, dopo la fase acuta, non torna alla normalità. Inoltre confermano le analogie tra diverse sindromi post virali. Infine, lasciano intravvedere la possibilità di nuovi approcci terapeutici basati sul riequilibrio delle popolazioni di linfociti, su antivirali e su altro, per ottenere il ritorno alla normalità. La ME/CFS è un po’ meno misteriosa, e forse tra non molto sarà curabile.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 9 dicembre 2024
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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