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La sifilide è comparsa in America ottomila anni fa. Ed è arrivata in Europa con Colombo

La sifilide, con ogni probabilità, è stata portata in Europa da Cristoforo Colombo e dal suo seguito dalle Americhe. Nel vecchio continente, infatti, prima non era presente, mentre nel nuovo ne circolavano diversi ceppi (o, per meglio dire, alcuni ceppi antenati di quelli attuali) già ottomila anni fa. Lo suggerisce uno studio appena pubblicato su Nature, nel quale sono stati sequenziati i genomi in diverse mummie e resti americani.

Sembra così pendere a favore della cosiddetta ipotesi colombiana (nel senso di Colombo) la disputa tra ricercatori, che da anni dibattono su due teorie, ciascuna suffragata da prove più o meno convincenti. Oltre a quella di Colombo, che discende anche dal fatto che il primo caso documentato in Europa è quello di un soldato francese infettato nel 1494, un anno dopo il rientro di Colombo (in soli cinque anni la malattia si è diffusa rapidissimamente in tutta Europa, per poi arrivare fino all’India, alla Cina, e al Giappone), ve n’è infatti un’altra, chiamata pre-colombiana. Secondo lquesta ipotesi, il treponema (questo il nome del batterio responsabile) circolava almeno dal Medio Evo, se non da prima, in Eurasia.

Nello studio appena pubblicato, i paleomicrobiologi del Max Plank Institute di Lipsia, in Germania, insieme a diversi team internazionali, hanno analizzato  i resti di cinque individui, il più antico dei quali ha ottomila anni, quattro dei quali precedenti al 1492, scoperti in Cile, Perù, Messico e Argentina. Hanno così identificato tre tipi di treponema (T. pallidum pallidum, agente infettivo della sifilide, il T. pallidum pertenue (responsabile della framboesia, malattia venerea tropicale, e il T. pallidum endemicum, agente che causa il bejel, un’altra malattia venerea tropicale). Confrontando quei genomi antichi con i ceppi attuali, hanno poi dedotto che quelli moderni hanno iniziato a differenziarsi e a manifestarsi proprio all’epoca di Colombo, e questo spiegherebbe perché sono loro ad aver preso piede in Europa e poi in Asia.

In realtà, i dati non escludono che altri ceppi circolassero contemporaneamente in Europa anche prima. Secondo altre ipotesi, il treponema ha iniziato a infettare l’uomo 12.000 anni fa, in Asia, e da lì è migrato in America, per poi tornare con Colombo o comunque secoli dopo. Secondo altri, infine, la sifilide sarebbe una zoonosi, cioè il risultato di uno spillover da qualche animale.

Probabilmente non si giungerà mai a dimostrare esattamente come è andata, anche perché le cronache delle diverse epoche descrivono in modo molto simile casi di malattie simili, spesso facendo confusione. E’ comunque importante (e affascinante) studiare il percorso delle malattie infettive nella storia e nella geografia, anche per comprendere meglio quelle di oggi.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 6 gennaio 2025
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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