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La scelta di diventare vegetariani è scritta anche nel patrimonio genetico individuale

Vegetariani solitamente si diventa, per convinzioni religiose o morali. Ma, anche, si nasce, perché alcuni geni sembrano predisporre a una dieta che non necessita di proteine animali. E se questo è vero, bisogna tenerne conto quando si formulano sostituti vegetali della carne, quando si cerca di convincere le persone a diminuire il consumo di carne e in generale per avere le idee più chiare sul vegetarianesimo e su chi, invece, mangia di tutto.

La componente genetica del vegetarianesimo è emersa in uno studio che è partito da un dato su cui ci si interroga da anni: anche se l’abbandono delle proteine animali va di moda, anche se moltissime persone sono consapevoli del fatto che mangiare carne fa male al pianeta e agli animali, e, se si eccede, alla salute, la percentuale di vegetariani è molto bassa, e stabile: negli Stati Uniti è compresa tra il 3 e il 4 % della popolazione, in Gran Bretagna è al 2,3 tra gli adulti e all’1,8% tra i bambini. Inoltre, tra il 48% e il 64% delle persone che si definiscono vegetariane in realtà mangiano anche carne, pesce, prodotti caseari, denunciando una discrasia tra ciò che si pensa di se stessi e ciò che si fa realmente. Come mai? Per capirlo, i genetisti della Northwestern University hanno analizzato il genoma di 5.300 vegetariani stretti, e di poco meno di 330.000 onnivori, e hanno scoperto – e illustrato su PLoS One tre geni quasi certamente associati a una predisposizione a essere vegetariani, e 31 fortemente sospettati di esserlo. Molti di essi, inoltre, compresi i due più strettamente associati, chiamati NPC1 e RMC1, codificano per proteine legate al metabolismo dei grassi. E proprio lì, nei lipidi, potrebbe trovarsi la spiegazione biologica. Secondo gli autori, infatti, può essere che chi ha questi geni riesca a produrre quasi tutti i lipidi presenti nella carne senza bisogno di mangiarla, mentre gli altri no, e per questo sentono il bisogno di assumerli dall’esterno. Se questo fosse vero, si potrebbe pensare ad alimenti vegetali con quei grassi, e a consigli e regimi alimentari studiati in base alle caratteristiche genetiche. Ridurre il consumo di carne è una necessità impellente, per contribuire a ridurre le emissioni collegate agli allevamenti, e perché se ne mangia mediamente troppa, con ripercussioni negative sulla salute. Sapere se i geni aiutano o meno potrebbe essere un passaggio importante per studiare strategie persnalizzate.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 18 ottobre 2023
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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