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La nuova terapia per la sindrome da deficit dell’attenzione e iperattività nell’adulto

Anche gli adulti possono soffrire di sindrome da iperattività/deficit dell’attenzione o ADHD. A volte perché ne sono stati colpiti già da bambini, e non sono mai guariti, a volte perché si sono ammalati da adulti.

Per costoro ci sono diverse opzioni terapeutiche, ma nessuna di esse è soddisfacente per tutti, perché qualcuno non risponde, o mostra resistenza dopo qualche tempo dalla prima assunzione o, ancora, non tollera gli effetti indesiderati dei farmaci.

Per questi pazienti i dati ottenuti con un farmaco già approvato per la narcolessia e l’eccessiva sonnolenza diurna, il solriamfetol, che inibisce la ricaptazione di dopamina e noradrenalina, potrebbero costituire un’importante novità. Gli psichiatri del Massachussetts General Hospital di Boston hanno infatti somministrato la molecola a 60 pazienti, in dosaggi compresi tra 75 e 150 milligrammi, oppure un placebo, per sei settimane, in doppio cieco, cioè senza che né i pazienti né i medici sapessero che cosa stavano o assumendo o somministrando. Quindi hanno controllato una serie di scale di valutazione specifiche, basate sia sulle osservazioni dei medici sia su quanto riferito dagli stessi pazienti, e hanno così capito che il farmaco potrebbe essere più efficace, almeno per alcuni, rispetto ad altre terapie previste in questi casi. Come illustrato sul Journal of Clinical Psychiatry, infatti, i pazienti trattati hanno riportato punteggi migliori in tutte le scale rispetto ai pazienti che avevano assunto il placebo. Inoltre, il solriamfetol non ha influenzato l’andamento del sonno, né la pressione o il battito cardiaco.

Tra gli effetti collaterali che sono risultati più frequenti (e comunque non molto presenti) rispetto al placebo ci sono stati la diminuzione dell’appetito, l’insonnia, disturbi gastrointestinali, il mal di testa, la diminuzione dell’energia e alcuni effetti neurologici e cardiaci.

Nel complesso, comunque, la terapia è risultata sicura e ben tollerata, anche se bisognerà attendere studi più ampi, prima di candidare questo farmaco al ruolo di terapia per l’ADHD dell’adulto, anche solo nei casi in cui le altre cure falliscono.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 3 gennaio 2024
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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