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La mindfulness può insegnare a mangiare
meglio per tenere a bada l’ipertensione

Per aiutare le persone che devono tenere sotto controllo la pressione con la dieta, c’è uno strumento del tutto non invasivo, ma assai efficace: una mindfulness specifica, messa a punto da Eric B. Loucks, docente di epidemiologia, comportamento e scienze sociali del Mindfulness Center della Brown University di Providence, in Rhode Island (USA).

La mindfulness è una tecnica che unisce meditazione, yoga, respirazione e concentrazione al fine di aumentare la coscienza del sé, la consapevolezza del proprio corpo e del proprio pensiero e, in questo caso, il percorso è stato studiato appositamente per rendere le persone più razionali nelle scelte alimentari. Prima di ricorrere ai farmaci, è infatti proprio la dieta il mezzo con il quale si possono abbassare valori pressori al di fuori dei limiti, o a rischio di diventarlo. 

Per verificare l’efficacia del metodo, i ricercatori hanno selezionato circa 200 persone ipertese, e le hanno suddivise in due gruppi: a uno, di controllo, è stato solo distribuito del materiale informativo, mentre l’altro è stato invitato a seguire un programma specifico per sei mesi. Quest’ultimo prevedeva, dopo una prima riunione per spiegare il senso e il funzionamento delle pratiche, otto sessioni di gruppo settimanali da 2,5 ore ciascuna, un ritiro lungo un’intera giornata e poi la raccomandazione di proseguire con le tecniche apprese per 45 minuti al giorno, per sei giorni alla settimana. Le lezioni, tenute da personale specializzato, erano focalizzate sui benefici della dieta chiamata DASH, da Dietary Approaches to Stop Hypertension, la cui efficacia è dimostrata, ma che viene poco seguita dagli ipertesi, anche se prevede solo un arricchimento della dieta con vegetali, fibre e derivati del latte con pochi grassi.

Come riportato su JAMA Open (https://jamanetwork.com/journals/jamanetworkopen/fullarticle/2811239 ), alla fine dei sei mesi i soggetti "trattati" avevano acquisito molta più consapevolezza sull’alimentazione (misurata attraverso scale specifiche), rispetto a coloro che erano rientratoi nel gruppo di controlo, al punto che  i progressi fatti erano stati considerati sufficienti a far passare il consumo medio di vegetali da 2-3 a 4 porzioni al giorno (la dose consigliata dalla dieta DASH). Inoltre, era aumentata la consapevolezza del proprio corpo e in generale del proprio essere. Ora lo studio prosegue su un campione più ampio, mentre vanno avanti anche gli approfondimenti per identificare il protocollo migliore (per esempio, su quantità e durata delle sedute), ma un approccio basato sulla mindfulness potrebbe presto affiancare quelli più tradizionali, e fornire così nuova forza alla modifica della dieta come terapia cui dare la precedenza, ogni volta che sia possibile. 

A.B.
Data ultimo aggiornamento 7 novembre 2023
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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