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I gladiatori romani affrontavano davvero scontri (spesso mortali) con grandi carnivori

I gladiatori romani combattevano davvero con grandi carnivori e, nello specifico, con grandi felini come i leoni. Quello che è sempre stato visto nelle rappresentazioni su sculture e dipinti, e descritto nei testi classici, ha ora, per la prima volta, un riscontro archeologico, grazie a uno studio effettuato dagli archeologi dell’università di Durham, in Gran Bretagna. I ricercatori hanno infatti lavorato sui resti presenti in circa 80 tombe scoperte una ventina di anni fa in un sito vicino a Eboracum, il nome romano dell’attuale città di York. Lì erano stati trovati resti di diversi uomini giovani, morti di morte violenta, con vari traumi, risalenti al 2-300 d.C. Uno di essi, in particolare, aveva un chiaro morso nella zona della pelvi. Come illustrato su PloS One, la ricostruzione tridimensionale di quel morso ha permesso di mostrare che era stato inferto da un grande felino, forse un leone, e che all’animale, probabilmente, come rappresentato in diverse sculture, era stato permesso di cibarsi della vittima, nel frattempo atterrata. Ciò che la tradizione ha tramandato è dunque veritiero, e avveniva anche nelle province più lontane come la Britannia: una competizione feroce e sanguinaria tra uomini e animali, probabilmente fatta al solo scopo di divertire i presenti (ma su questo non ci sono ancora certezze definitive).

A.B.
Data ultimo aggiornamento 1 maggio 2025
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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