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La guerra contro le cistiti acute e ricorrenti si può vincere anche con le armi biologiche

La strategia più efficace contro le cistiti batteriche ricorrenti che affliggono molte donne dopo la menopausa è probabilmente quella che passa dalla guerra biologica, cioè sfrutta le caratteristiche di alcune popolazioni batteriche benefiche, a scapito di quelle che hanno un effetto negativo. Lo suggerisce uno studio pubblicato su Frontiers in Microbiology dai ricercatori della scuola di medicina dell’Università di Okayama, in Giappone, che hanno attentamente studiato il microbiota vaginale di 129 campioni provenienti da 39 donne, alcune delle quali senza cistite, altre con cistiti non croniche e altre ancora con cistiti ricorrenti. L’analisi delle specie presenti ha mostrato che, nelle donne che soffrono di cistiti recidivanti, la popolazione batterica è fortemente squilibrata: rispetto a quanto si vede in assenza di cstiti, sono presenti molti meno ceppi di lattobacilli (che in alcuni casi sembrano addirittura assenti, o comunque non rilevabili con i normali metodi diagnostici), e più ceppi di specie come Escherichia coli o altre enterobacteriacee note per provocare infezioni e infiammazioni. Nelle donne che hanno solo episodi acuti, invece, la flora batterica vaginale è molto più simile a quella delle donne sane, pur presentando comunque alcune differenze.

La buona notizia è che un trattamento locale con ovuli con lattobacilli, tre volte alla settimana prima di andare a dormire, per un anno, riesce a riportare la concentrazione di questi batteri attorno al 19%, con conseguente significativa diminuzione degli episodi di cistite.

Piuttosto che ricorrere ad antibiotici, che molto spesso non sono efficaci per la resistenza delle specie patogene, è quindi molto meglio cercare di riequilibrare la flora batterica vaginale, approccio che, in moltissimi casi, assicura un successo stabile e duraturo.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 30 agosto 2023
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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