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Granulomatosi cronica, chemioterapia personalizzata salva la fertilità

Un team internazionale (16 ospedali di 10 Paesi) ha messo a punto un protocollo che garantisce un tasso di sopravvivenza del 93% e riduce fortemente gli effetti collaterali. I risultati sulla rivista Lancet

di Agnese Codignola

Da un elevato rischio di morte o effetti collaterali molto pesanti alla cura di quasi tutti i malati, con tossicità ridotta. Questo il passo in avanti significativo che promette la nuova personalizzazione della cura per la granulomatosi cronica, una rara immunodeficienza di origine genetica che porta al decesso entro i primi due anni di vita il 20-30% dei malati e che costringe chi diventa adulto a subire conseguenze spesso pesanti, per effetto della malattia ma anche delle cure messe in atto per contrastarla.

La granulomatosi cronica si cura, infatti, solo attraverso un trapianto di cellule staminali preceduto da una chemioterapia piuttosto aggressiva, e fino a oggi gravata da pesanti tossicità (a cominciare dall’infertilità), a causa dell’età dei trapiantati. Ora però un team internazionale, di cui hanno fatto parte esperti di 16 ospedali universitari di 10 Paesi, sembra aver trovato il modo di limitare al massimo i danni della chemioterapia, senza comprometterne l’efficacia, attraverso un’attentissima personalizzazione del dosaggio del farmaco usato, il busulfan.

Come riferito sulla rivista scientifica Lancet, i 14 pazienti di diverse età monitorati molto da vicino attraverso dosaggi del farmaco nel sangue hanno avuto un tasso di sopravvivenza altissimo, del 93%, un dato tanto più significativo se si pensa che molti di loro hanno poi ricevuto un trapianto da donatore non consanguineo, che di norma ha una sopravvivenza non superiore al 60%. Due malati maschi, poi, in seguito alle cure, hanno avuto dei figli, fatto che fa sperare che il protocollo mantenga la fertilità in tutti o quasi. Il segreto del successo di questo approccio sarebbe appunto l’individuazione, per ogni malato, della dose minima efficace, che permetterebbe di limitare al massimo i danni della chemioterapia.

La malattia causa frequenti infezioni da virus, batteri e miceti, che non rispondono bene alle cure, e infiammazioni degli organi interni, che portano spesso a danni permanenti, in assenza di trapianto. L’incidenza è di circa 2 persone ogni milione di abitanti.

 

Data ultimo aggiornamento 15 novembre 2014
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco


Tags: malattie rare, trapianto di midollo



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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