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La diffusione dell’helicobacter nel mondo
diminuisce lentamente, ma regolarmente

Migliora, sia pure lentamente, la situazione delle infezioni da helicobacter pylori nel mondo. Negli ultimi quattro decenni, e cioè da quando si è scoperto che questo batterio è la tra le cause principali di ulcere e tumori allo stomaco, e che un’opportuna terapia antibiotica, rafforzata da antiacidi, può neutralizzarlo, la sua diffusione è in diminuzione. Lo conferma una metanalisi appena uscita su Lancet Gastroenterology & Hepatology nella quale gli epidemiologi dell’Università di Hong Kong hanno verificato i dati contenuti in 224 studi provenienti da 71 paesi, che hanno coinvolto poco meno di tre milioni di persone, e che sono stati effettuati tra il 1980 e il 2022.

Se la prevalenza, e cioè il numero di persone con infezione diagnosticata, nella decade 1980-1990, era di circa il 58%, nel decennio 2011-2022 era scesa al 43%, con una diminuzione dello 0,39-0,83% all’anno. Il segnale è dunque positivo, e attribuibile alla diffusione di diagnosi e cicli di terapia, anche se il fatto che quattro persone su dieci, nel mondo, siano ancora portatrici del batterio non è di certo soddisfacente.

Oltre a questo, lo stesso gruppo ha messo in evidenza anche il prezzo biologico che si paga, per curare l’helicobacter: una modifica del microbiota intestinale, causata dall’assunzione di antibiotici. In uno studio pubblicato su Nature Medicine, infatti, e condotto su 44 persone infettate, analizzate al momento della terapia e sei mesi dopo, ha mostrato che ci sono vari cambiamenti. La parte batterica muta, nelle sei settimane successive alla terapia, ma dopo sei mesi torna a una situazione simile a quella iniziale, mentre la parte virale perde biodiversità, a quanto sembra in modo irreversibile. Visto che gli antibiotici non agiscono sui virus, resta da capire perché siano proprio i virus a risentire maggiormente della cura, e quali siano le eventuali conseguenze. Ma tutto ciò non costituisce un motivo sufficiente per non curare adeguatamente un’infezione che può avere conseguenze molto gravi.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 4 maggio 2023
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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