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La cura del dolore e delle infiammazioni potrebbe arrivare da una pianta brasiliana

I nuovi farmaci antidolorifici e anti-artrosi potrebbero arrivare da una pianta medicinale brasiliana chiamata Annona squamosa o, per le comunità locali, nota anche come fruta-do-conde o pinha. Una serie di studi in vitro e sui modelli animali hanno infatti confermato che un suo estratto in metanolo, quello del principio attivo palmatina, ha un effetto molto potente, capace di sconfiggere anche la cosiddetta iperalgesia, cioè le forme di dolore particolarmente intense, che di solito richiedono la somministrazione di derivati della morfina.

La decisione di studiare l’Annona non è casuale: i ricercatori dell’università di San Paolo hanno infatti cercato di capire se la tradizione popolare, che usa la pianta da migliaia di anni soprattutto per curare infiammazioni, dolori articolari e dolore in generale, avesse o meno un riscontro farmacologico. Peraltro, negli anni scorsi sono già state dimostrate sue proprietà antimicrobiche (antibatteriche e antivirali) e gastroprotettive. A tale scopo – come riferiscono su Pharmaceuticals, hanno essiccato le foglie e le hanno trasformate in polvere da somministrare per via orale. Quindi hanno effettuato numerosi test specifici per il dolore sui modelli animali, da quelli che coinvolgono la pleura a quelli sulle articolazioni, fino a quelli dell’iperalgesia. L’esisto è stato sempre positivo, e incoraggiante perché la palmatina, per quanto si è visto finora, non sembra avere effetti collaterali, fatto che le darebbe un netto vantaggio rispetto a tiutte le terapie attuali, ghravate da tossicità di vario tipo e altri limiti come il rischio di indurre dipendenza. 

Per quanto riguarda il suo meccanismo d’azione, non è ancora del tutto chiaro, ma i ricercatori brasiliani sono al lavoro. Una volta che saranno stati raccolti dati sufficienti, e che saranno effettuati test nell’uomo, se i risultati saranno quelli sperati, la terapia del dolore e quella delle infiammazioni potrebbe arricchirsi di una nuova classe di molecole, efficaci, sicure e non a rischio di indurre dipendenza. Tra l’altro, oltre alla palmatina l’Annona contiene almeno altri due principi attivi: la liriodenina e l’anonaina, a loro volta in studio.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 27 dicembre 2024
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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