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La cosiddetta Zoom fatigue esiste davvero. Quando possibile, meglio vedersi di persona

Si chiama Zoom Fatigue, ed è l’affaticamento che in moltissimi, dopo l’incremento esponenziale delle videoconferenze e in generale delle forme di comunicazione virtuali verificatosi in tutto il mondo dopo la pandemia, affermano di provare. Ma ora, grazie a uno studio dei ricercatori dell’Università di Gratz, in Germania, ha un suo riscontro fisiologico che dimostra che, effettivamente, non si tratta soltanto di un condizionamento psicologico: assistere a una lezione o partecipare a una riunione attraverso questo tipo di canali digitali stanca molto di più che farlo di persona. Nello studio, pubblicato sulla rivista del gruppo Nature Scientific Reports, gli autori hanno selezionato 35 studenti universitari che partecipavano a lezioni classiche, in presenza, ma anche a lezioni on line, e hanno misurato una serie di parametri tra i quali l’elettroencefalogramma e l’elettrocardiogramma, raccogliendo anche le loro impressioni e sensazioni tramite questionari specifici. Come sintetizzato da loro stessi nelle concliusioni, tutti i risultati indicano che assistere a una lezione on line di 50 minuti provoca una serie di conseguenze fisiologiche che, a tutti gli effetti, sono classificabili come fatigue, mentre chi assiste a una lezione frontale accusa lo stesso tipo di effetto solo dopo molto più tempo, e accusa meno spesso un disagio psicologico.

Anche se le videoconferenze permettono di tenere riunioni o lezioni in situazioni che fino a poco tempo fa comportavano la rinuncia alle stesse, o lo spostamento delle persone, secondo gli autori è indubbio che vi siano eccessi, e che molte di esse potrebbero essere evitate. Chi gestisce la didattica, oppure organizza riunioni di lavoro, dovrebbe tenere conto della fatigue, che può avere conseguenze sul rendimento e sul benessere psicofisico, e considerare questo tipo di strumento solo un complemento, e non un sostituto delle lezioni e degli incontri di persona, facendovi ricorso con molta moderazione, e preferendo - ogni volta che è possibile - la realtà reale a quella virtuale.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 17 novembre 2023
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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