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L’ascolto di una melodia gradita scatena
un potente rilascio di oppioidi endogeni

La musica sortisce effetti non dissimili da quelli di una sostanza d’abuso, nel cervello. Per questo rimane così a lungo nella memoria, e può suscitare sensazioni così intense. Lo ha dimostrato uno studio condotto dai ricercatori dell’università di Tartu, in Finlandia, i cui risultati sono appena stati resi noti sullo European Journal of Nuclear Medicine and Molecular Imaging. I ricercatori hanno infatti sottoposto una quindicina di giovani donne di età media di 26 anni a una serie di PET e di risonanze magnetiche funzionali mentre costoro ascoltavano una musica scelta da loro stesse, in modo che fosse gradita. Il risultato della PET, condotta con mezzi di contrasto capaci di evidenziare l’attivazione del sistema degli oppioidi endogeni, con relativo rilascio, ha mostrato che, appunto, durante l’ascolto c’è un significativo aumento degli oppioidi endogeni. Parallelamente, anche la risonanza magnetica funzionale ha mostrato l’attivazione delle aree più coinvolte nel sistema delle sensazioni di piacere, e ha evidenziato un rapporto lineare con gli oppioidi rilasciati: più elevata è la concentrazione di questi ultimi, più forte è attivazione delle zone cerebrali associate a questo tipo di sentimenti, più profondo è il coinvolgimento di chi ascolta.

Secondo gli autori, l’attivazione diretta del sistema degli oppioidi potrebbe anche spiegare gli effetti antidolorifici e antidepressivi della musica, e dare ulteriore impulso alla musicoterapia.


Data ultimo aggiornamento 25 aprile 2025
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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