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L’orecchio assoluto non dipende solo dal genoma. Chiunque può averlo: studiando

L’orecchio assoluto, ossia la capacità di distinguere l’altezza (ossia la frequenza) di un suono senza un riferimento (come il diapason) all’interno di una scala di 12, non sarebbe una dote riservata esclusivamente a chi ha un certo corredo genetico, o a chi inizia a studiare musica quando è ancora molto piccolo, e lo fa in modo intensivo e regolare per anni. Stando a quanto pubblicato su Psychonomic Bullettin & Review potrebbe essere appreso anche dagli adulti, con il giusto esercizio. Lo hanno dimostrato i ricercatori dell’Università del Surrey di Gildford, in Gran Bretagna, che hanno coinvolto nella sperimentazione 12 musicisti adulti, con differenti livelli di preparazione e competenze musicali. Tutti sono stati invitati a seguire un programma di training on line per una durata media di oltre 21 ore nell’arco di otto settimane. Durante le sessioni, l’ascolto era incentrato in generale sulle altezze generali e non su quelle specifiche nell’ambito di brani musicali,  proprio con lo scopo di allenare il riconoscimento delle frequenze dei toni puri e svincolati dall’associazione con il contesto musicale. Inoltre, per limitare il rischio di riconoscimento fosse casuale, i partecipanti hanno dovuto ripetere le ultime lezioni più volte. Alla fine, però, i loro sforzi sono stati premiati, la loro capacità di individuare una frequenza di un tono è aumentata del 128%, e gli errori sono diminuiti del 42%. Inoltre, il numero medio di frequenze correttamente individuate nel 90% dei casi è salito a sette (su una scala di 12), in tempi straordinariamente rapidi: in media tra 1,3 e 2 millisecondi. Due musicisti sono stati poi eccezionalmente bravi e hanno imparato a riconoscere tutti e 12 i toni in modo rapido e accurato, e sono diventati così del tutto simili a coloro che possiedono l’orecchio assoluto naturalmente.

Tutti possono diventare musicisti dotati di orecchio assoluto, con il giusto allenamento.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 14 febbraio 2025
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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