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L’ipertensione diminuisce se si assorbe meno piombo. Studio sui Nativi Americani

L’ipertensione si combatte anche con le buone pratiche ambientali, perché tra i fattori che la provocano ce ne sono diversi che non hanno a che vedere con ciò che si mangia o con lo stile di vita, ma dipendono dalle contaminazioni delle società industrializzate. E’ il caso del piombo, la cui concentrazione, negli ultimi anni, è molto diminuita, grazie a politiche che ne hanno proibito l’impiego nei combustibili, nelle vernici, nelle acque e nelle lattine usate per conservare gli alimenti, tra gli altri, e al calo del fumo di sigaretta, che ne contiene parecchio. 

Il ruolo positivo di tali provvedimenti è emerso in uno studio molto particolare, pubblicato sul Journal of the American Heart Association e condotto dai cardiologi della Columbia University Mailman School of Public Health di New York in quattro comunità di nativi americani particolarmente esposte al piombo, residenti in Arizona, Oklahoma, Nord Dakota, e South Dakota. Alcuni membri di tali comunità hanno infatti preso parte a uno studio di popolazione chiamato Strong Heart Study, iniziato nel 1988. Poco meno di 300 di loro sono stati sottoposti a tutti gli esami del caso, relativi al cuore, ma anche alla concentrazione di piombo nel sangue, una prima volta nel periodo compreso tra il 1997 e il 1999, e poi di nuovo tra il 2006 e il 2009. Contemporaneamente sono stati raccolti tutti i dati medici, e si è preso nota delle abitudini di vita, anch’esse importanti, quando si tratta di pressione. All’inizio dello studio, il livello medio di piombo era di 2,04 microgrammi per decilitro di sangue, ma nel corso delle rilevazioni tale valore era sceso di oltre 0,67 microgrammi, cioè del 33% (valore che, in coloro che inizialmente avevano concentrazioni ancora più altre, superiori a 3, è sceso addirittura del 55%). Al calo del piombo è corrisposta una diminuzione della pressione sistolica di sette millimetri di mercurio, in media, del tutto simile a quella che si può ottenere con una terapia farmacologica. Ciò dimostra che le politiche che tendono a ridurre i contaminanti ambientali, oltre ad avere un effetto positivo sull’ambiente appunto, possono essere anche molto benefiche per la salute umana, e adrebbero sempre sostenute e incentivate.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 18 gennaio 2024
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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