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L’aviaria si espande negli uomini e colpisce anche gli alpaca: partita la corsa ai vaccini

Il virus dell’influenza aviaria H5N1 continua a diffondersi negli allevamenti di bovini degli Stati Uniti, e a passare dalle mucche ad altri animali: nell’ultima settimana, è stato segnalato un terzo lavoratore infettato, e un passaggio  a un branco di alpaca allevati, specie finora mai interessata dai contagi. Cresce pertanto l’allarme, e aumentano gli sforzi per analizzare gli animnali e per produrre i vaccini sia per gli animali che per gli uomini, o le predisposizioni a farlo rapidamente in caso di emergenza. 

Il terzo lavoratore è stato identificato in Michigan, stato da cui proveniva anche il secondo essere umano contagiato, un altro lavoratore di una fattoria differente. Il MIchigan è uno degli stati dove la trasmissione di H5N1 sta procedendo più rapidamente; finora, i focolai identificati sono 67, in nove stati americani. Inoltre, l’uomo è anche il primo a mostrare sintomi respiratori, sia pure lievi (gli altri dfue hanno avuto solo una congiuntivite), e questo preoccupa perché potrebbe far aumentare il rischio di contagio da uomo a uomo. 

Inoltre, non si esclude che il contagio abbia seguito un percorso diverso da quello ipotizzato originariamente, e cioè passato da persone infettate dai volatili e asintomatiche ai bovini. 

Intanto in Idaho, in un allevamento di polli nel quale la diffusione di H5N1 era stata particolarmente violenta, si è verificato anche il secondo caso che ha destato allarme: quello degli alpaca. Come riporta lo US Department of Agricolture, infatti, si tratta della prima trasmissione nota a questa specie, anche se l’aviaria, negli ultimi anni, è stata trovata in decine di specie diverse di mammiferi. Negli Stati Uniti ci sono oltre 264.000 alpaca allevati, e il timore che lo spillover provochi danni commerciali e ulteriore diffusione del virus è alto.

Per questi motivi, è partita la corsa al vaccino. Secondo la Reuters, Stati Uniti, Canada, Europa e decine di altri paesi stanno lavorando attivamente per essere pronti, e stanno riflettendo se e come avviare un’eventuale vaccinazione degli animalio e dei lavoratori del settore quali gli addetti agli animali, i veterinari, i tecnici di laboratorio e tutti coloro che, a vario titolo, sono coinvolti nelle filiere. Il principale produttore degli USA, la CSL Sequirus, ha annunciato di essere nelle fasi finali della produzione di un vaccino contro un virus influenzale molto simile a H5N1, di cui potrebbero avere presto 4,8 milioni di dosi. Una parte di essi potrebbe essere venduta all’Europa e a una trentina di paesi con i quali l’azienda è in contatto. Il Canada è invece in trattative con GlaxoSmithKline, che fornisce al paese i vaccini contro l’influenza stagionale, per predisporre la produzione di quelli per l’aviaria, mentre altri paesi stanno trattando con Sanofi, un altro dei principali produttori mondiali di vaccini antinfluenzali.

E poi ci sono i vaccini a mRNA, che rispetto a quelli classici, in gran parte prodotti nelle uova, avrebbero il vantaggio di non dipendere dai volatili, duramente colpiti dall’aviaria. Secondo Time, sia Moderna che Pfizer sono quasi pronti. In particolare, la prima sarebbe alle fasi iniziali della sperimentazione sugli esseri umani, mentre Pfizer avrebbe un vaccino a mRNA diretto contro un ceppo di aviaria solo leggermente diverso da quello che sta circolando, ma test condotti su volontari esposti al ceppo degli allevamenti avrebbero confermato l’induzione di una forte risposta anticorpale.

Infine, anche l’Università della Pennsylvania, dove lavora il premio Nobel Drew Weissmann, autore delle scoperte fondamentali sugli mRNA, insieme a Scott Hensley, sta ottimizzando un vaccino a mRNA, che nelle prossime settimane dovrebbe essere testato sui vitelli.

La sensazione è quindi che si cerchi di evitare di ritrovarsi nella stessa situazione del Covid. Ma affinché ciò accada, è fondamentale predisporre test, misure preventive e vaccinazioni. Anche per milioni di capi di bestiame e di esseri umani.

 

A.B.
Data ultimo aggiornamento 4 giugno 2024
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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