Questo sito utilizza cookies tecnici per l'analisi del traffico, in forma anonima e senza finalità commerciali di alcun tipo; proseguendo la navigazione si acconsente all'uso dei medesimi Ok, accetto

L’artrite reumatoide forse è scatenata
anche da un raro batterio dell’intestino

Tra le cause dell’artrite reumatoide ci potrebbe essere anche un’infezione veicolata da un batterio chiamato Subdoligranulum. Va infatti in questa direzione lo studio pubblicato su Science Traslational Medicine dai reumatologi delle Università del Colorado e di Stanford e del Benaroya Research Institute, che hanno portato diverse prove a sostegno di un’ipotesi – quella di un’origine infettiva - avanzata da molto tempo, ma finora mai dimostrata con prove certe.

Innanzitutto, i ricercatori hanno raccolto campioni di autoanticorpi di pazienti con una diagnosi di artrite iniziale, o considerati a rischio. Quindi hanno raccolto le feci di soggetti sani e malati e le hanno messe a contatto con quegli autoanticorpi, per vedere se si legassero a qualcuna delle specie batteriche presenti (nel frattempo analizzate), e cioè se fossero cross-reattivi (questo il termine specifico) con esse.

Hanno così scoperto che c’erano molti legami, ma che se ne stabiliva uno particolarmente forte soprattutto con due famiglie di batteri molto vicine tra di loro: le Lachnospiraceae e le Ruminococcaceae. Volendo vederci più chiaro, hanno coltivato le due famiglie isolate dai pazienti da sole, e hanno capito che il legame preferenziale avveniva con due sierotipi di un batterio delle stesse, chiamato appunto Subdoligranulum, chiamati 1 e 7, e che il 7 era un attivatore particolarmente potente della risposta del sistema immunitario data dai linfociti T, gli stessi coinvolti anche nelle patologie autoimmuni.

Per verificare se quel batterio, il 7, potesse indurre la malattia, lo hanno in inettato ai modelli animali, ed entro pochi giorni hanno avuto tutti i sintomi tipici dell’artrite reumatoide: un effetto mai visto prima con nessun batterio (oltretutto senza bisogno molecole che amplificano l’effetto immunogenico come gli adiuvanti) o stimolo di altro tipo.

Oltre ai sintomi, poi, gli animali avevano sviluppato autoanticorpi del tutto simili a quelli che si vedono nei pazienti con artrite reumatoide: una prova più che convincente di un coinvolgimento del batterio.

La controprova è stata poi la presenza, nel 16% dei pazienti a rischiodel batterio, anche se, al tempo stesso, un numero di questo tipo dimostra che Subdoligranulum probabilmente è una concausa, e che sono necessari altri fattori per scatenare la malattia.

Gli studi andranno avanti, ma già si ipotizza di intervenire specificamente proprio su Subdoligranulum, con opportune popolazioni di batteri antagonisti, per curare l’artite reumatoide o, quantomeno, tenerla sotto controllo ed evitare crisi infiammatorie e peggioramenti.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 16 giugno 2023
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



Warning: Use of undefined constant lang - assumed 'lang' (this will throw an Error in a future version of PHP) in /var/www/nuevo.assediobianco.ch/htdocs/includes/gallery_swiper.php on line 201

Notice: Undefined index: lang in /var/www/nuevo.assediobianco.ch/htdocs/includes/gallery_swiper.php on line 201

Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

Chiudi

Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

VAI ALLA VERSIONE COMPLETA