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I perfluoroalchili (PFAS) si trovano anche nelle birre. Ma i consumatori non lo sanno

I perfluoroalchili o PFAS, detti anche contaminanti perenni, sono sostanze chimiche tossiche usate nelle plastiche e diventate ormai ubiquitarie. Se ne contano più di 14.000, tra composti primari e metaboliti e di fatto, ogni volta che li si cerca, nell’ambiente o in organismi viventi, li si trova. La provenienza è innanzitutto nelle acque: sono dispersi sia in quelle marine che in quelle dolci, e da lì arrivano ai prodotti agricoli e agli animali, anche perché i sistemi attuali di filtrazione non riescono a trattenerne che una piccola parte (quando lo fanno), tornando poi in circolazione ed entrando nelle filiere produttive attraverso la stessa acqua. Ma gli PFAS sono stati associati a numerosi danni per la salute umana, dai tumori al diabete, dallo sviluppo cognitivo dei feti agli squilibri nell’apparato riproduttivo e nel sistema ormonale maschile e femminile. Per questo di recente 450 scienziati europei hanno chiesto limiti molto più severi di quelli attuali proprio nelle acque.

E ora uno studio su un tipo di prodotto non fondamentale, la birra, ma assai popolare, conferma quanto insidiosa sia la loro presenza, e quanto sia davvero urgente imporre norme e limiti molto più stringenti di quelli attuali. In uno studio pubblicato su Environmental Science & Technology ne sono state analizzate 23, provenienti da diversi stati americani, con acque a differenti livelli di contaminazione, e di conseguenza anche grano e orzo con quantitativi variabili di PFAS, prodotte da grandi aziende come da piccoli birrifici locali, artigianali. Il risultato è stato che gli PFAS sono stati trovati nel 95% dei campioni delle birre analizzate, e la loro concentrazione aumentava in quelle prodotte dai birrifici più piccoli, che probabilmente hanno a disposizione sistemi di filtrazione meno efficienti. Inoltre, la concentrazione è più elevata nelle birre delle contee dove la contaminazione delle falde è più grave. Tra l’altro, gli PFAS arrivano anche dai contenitori e dai tubi in plastica. Secondo gli autori, i consumatori dovrebbero esserne informati, e i decisori politici dovrebbero tenerne conto.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 19 giugno 2025
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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