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L’allergia alla penicillina è sopravvalutata e
dannosa, ma identificarla può essere facile

La stragrande maggioranza delle persone che pensano di essere allergiche alla penicillina probabilmente non lo sono, e possono essere trattate con il capostipite di tutti gli antibiotici, in caso di necessità. Lo suggerisce uno studio unico nel suo genere, nel quale gli allergologi della McGill University di Montreal, in Canada, sono partiti da un’informazione nota a tutti i medici allergologi e non solo: circa il 95% di chi si definisce allergico a questo farmaco, lo fa perché ha avuto qualche episodio in età pediatrica, in genere entro i tre anni, dopo il quale non ne ha più avuti, oppure perché ha avuto qualche reazione considerata non grave in base a specifici punteggi o, ancora, perché qualche medico non esperto ha scambiato un’eruzione cutanea per reazione allergica anche se non lo era.

Di solito, per queste persone si procede con un test di allergenicità somministrato per via sottocutanea, e poi, in caso di reazione assente o molto modesta, si prova a dare la penicillina per via orale. Ma ciò implica una procedura relativamente costosa, non alla portata di tutti gli ambulatori, e non sempre accettata dai pazienti. Per questi motivi, i ricercatori hanno pensato di condurre uno studio in cui hanno sottoposto 382 allergici di tre paesi, tutti con forme non gravi, a uno tra due schemi di trattamento: quello tradizionale, oppure uno più semplice, basato sulla somministrazione diretta, senza test preliminari, di una dose di penicillina, alla presenza di un allergologo. Il risultato, riportato su JAMA Internal Medicine, è stato che solo un paziente per gruppo, pari allo 0,5% del totale, ha avuto una reazione positiva, senza differenze tra i due grupi. Il che significa che procedere direttamente con la forma orale non comporta rischi e, soprattutto, che moltissime persone considerate allergiche non lo sono, o non lo sono più, e che per tutte loro la penicillina può tornare a essere un’opzione terapeutica efficace. Poter ricorrere a questo farmaco eviterebbe di dover ricorrere ad antibiotici di seconda generazione, o ad ampio spettro, che spesso hanno più effetti collaterali, contribuiscono alla diffusione della resistenza e sono anche meno efficaci in diversi casi. E libererebbe le persone che hanno pensato per anni di essere allergiche da una serie di limitazioni che, in realtà, non devono avere e da rischi che non corrono.

 

A.B.
Data ultimo aggiornamento 28 luglio 2023
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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