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Iniziata negli USA la sperimentazione clinica
del vaccino contro tutti i ceppi di influenza

Mentre le campagne vaccinali di quest’anno sono in pieno svolgimento, il vaccino universale contro l’influenza potrebbe essere più vicino. E’ infatti iniziata la fase 1 delle sperimentazioni cliniche del vaccino chiamato FluMos-v2, evoluzione del precedente FluMos-v1, ancora – a sua volta – in sperimentazione clinica, entrambi messi a punto dai National Institutes of Health di Bethesda (Maryland). E, se tutto andrà come auspicato, nelle prossime stagioni la vaccinazione rivolta a tutti potrebbe essere molto diversa da quelle attuali.

Nei vaccini che si consigliano ogni anno sono presenti antigeni di 3 o 4 ceppi, e ogni anno la formulazione cambia a seconda di quelli che si prevede saranno dominante. Ciò comporta la necessità di ripetere la vaccinazione ogni anno, con notevoli spese e con il rischio che molte persone non si immunizzino. Da anni si cerca una soluzione, e finalmente il traguardo sembra vicino. I virologi degli NIH hanno infatti trovato il modo di inserire diversi frammenti di una delle due proteine che caratterizzano i virus influenzali dal punto di vista immunitario, l’emoagglutinina (indicata con la sigla H, e dalla quale prendono il nome i ceppi, per esempio H5N1, dove N sta per neuroaminidasi, la seconda proteina), in modo da averne 4 (nel FluMos-v1) o 6 (4 per i ceppi di tipo A, e 2 per i ceppi di tipo B), nella formulazione FluMos-v2.

Avendo ottenuto risultati molto incoraggianti nei modelli animali, dove si vede una forte risposta immunitaria senza particolari rischi, i ricercatori hanno iniziato la prima fase dei trial nell’uomo, quella che serve per verificare se il farmaco o il vaccino sono sicuri. Così, 24 persone sane, di età compresa tra i 18 e i 50 anni, saranno inizialmente vaccinate con un dosaggio molto basso, di 60 microgrammi, somministrato per via intramuscolare. Se non emergeranno preoccupazioni dal punto di vista delle reazioni indesiderate, si procederà con la dose reale, più alta e pari a 180 microgrammi; lo schema prevede infatti due somministrazioni distanziate di 16 settimane. I volontari saranno seguiti per 40 settimane dopo la prima somministrazione, proprio per monitorare ogni possibile evento inatteso, e per fare le prime indagini sull’efficacia.

Se tutto andrà bene, si passerà alla fase successiva, la 2, che si fa su numeri più grandi di volontari, per studiare meglio l’azione del vaccino, e capire se sia avvenuta l’immunizzazione. Sepre se tutto andrà bene, seguirà poi la fase 3, quella in cui si arruolano centinaia o, più spesso, migliaia di pazienti, e che sancisce la consacrazione ufficiale, ancora, se tutto va come si spera. Ci vorranno quindi diversi mesi, ma l’obbiettivo non sembra più così lontano. Se dovesse arrivare questo vaccino, o a uno simile, non sarebbe più necessario sottoporsi al vaccino ogni anno. Grazie a questo, probabilmente la copertura aumenterebbe e, con essa, diminuirebbe la circolazione virale, e l’influenza farebbe meno paura di quanto non acacda oggi.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 23 ottobre 2023
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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