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In tutta Europa stanno aumentando - e molto - le infezioni a trasmissione sessuale

Le infezioni a trasmissione sessuale o STI (da sexually transmitted diseases) sono in aumento in tutta Europa, e la situazione preoccupa l’autorità di controllo, lo European Center for Diseases Control, che ha appena reso noti gli ultimi dati, relativi al 2022. Da questi emerge un balzo del 48% dei casi di gonorrea, che sono stati più di 70.000 (non si sa in quale percentuale resistenti, e se tale incremento sia dovuto proprio a una mancata sensibilità agli antibiotici). E rispetto all’anno precedente c’è anche un aumento dei casi di sifilide del 34%, con più di 35.000 diagnosi, e uno dei casi di clamidia del 16% (con 216.000 nuove diagnosi).

 

Che la situazione sia grave lo si vede anche dall’aumento delle malattie fetali conseguenti alle infezioni sessuali come il linfogranuloma venereo e la sifilide congenita, entrambi trasmessi dalle madri infette ai feti, anche se gli incrementi sono meno rilevanti rispetto alle nuove diagnosi primarie.

Quanto alle cause, non ci sono ancora spiegazioni certe. Di sicuro la pandemia ha avuto un ruolo, soprattutto perché sono migliorati i sistemi di sorveglianza e diagnosi: una parte dei nuovi casi con molta probabilità è da attribuire a un miglioramento nella capacità diagnostica, favorita anche dall’arrivo, sul mercato, di diversi test per gli esami domestici, da fare a casa senza ricorrere a un centro medico. Probabilmente, poi, contano poi anche i comportamenti individuali, che con il venir meno dei lockdown sono in parte cambiati.

Gli esperti stanno intensificando gli sforzi per avere un quadro più chiaro della situazione, ma nel frattempo l’ECDC raccomanda a tutti i paesi europei di continuare a investire in prevenzione, educazione sessuale, laboratori per la diagnosi e il sequenziamento con elevati standard, per cercare di contenere i contagi e invertire (o almeno rallentare) così una tendenza che è visibile da anni, ma che negli ultimi mesi ha subito una preoccupante impennata.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 22 marzo 2024
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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