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In Cina è già disponibile il simnotrelvir,
un nuovo anti covid efficace ed economico

Mentre nuovi documenti resi pubblici dal Wall Street Journal rivelano che le autorità cinesi avrebbero saputo della presenza di Sars-CoV 2 almeno un paio di settimane prima dell’ammissione ufficiale, da quello stesso paese, la Cina, arrivano dati molto incoraggianti sul simnotrelvir, un nuovo antivirale, commercializzato da poco più di un anno. In base a quanto pubblicato sul New England Journal of Medicine dai virologi di diversi ospedali e università cinesi, infatti, il simnotrelvir sarebbe in grado di attenuare i sintomi poco dopo la sua assunzione, al massimo in un giorno e mezzo, e di prevenire le forme gravi anche nei soggetti non particolarmente a rischio. In più, è molto economico, rispetto agli altri antivirali, e questo aspetto potrebbe assicurargli quel successo che, finora, i suopi predecessori non hanno avuto.

Nello studio, 600 giovani dell’età media di 35 anni, tutti con un fattore di rischio quale l’obesità, ma nessuno dei quali con una forma di Covid grave, hanno assunto il farmaco insieme a uno dei due principi attivi del paxlovid, l’antivirale consigliato dall’OMS nelle situazioni a rischio, il ritonavir, che rallenta la degradazione del simnotrelvir, oppure un placebo. Subito dopo l’assunzione, i sintomi più comuni hanno iniziato ad attenuarsi, e al quinto giorno di trattamento la concentrazione di Sars-CoV 2 era scesa di trenta volte rispetto all’inizio: un’efficacia che ricorda quella di un altro antivirale mai arrivato in occidente, l’ensitrelvir, approvato in Giappone nel novembre del 2022.

Il farmaco cinese costa un quarto rispetto al paxlovid (il cui prezzo è attorno ai 2.000 dollari a ciclo), e presenta lo stesso tipo di effetti collaterali e limiti. Tra i principali, il gusto metallico in bocca, l’incompatibilità con diversi altri farmaci e la necessità di essere assunto entro tre giorni dai primi sintomi. Resta da capire quale sia il suo possibile ruolo nelle forme più gravi, o nei pazienti a rischio di svilupparne, così come si attende di verificare quanto visto finora su numeri più grandi.

Tuttavia, data la scarsità di antivirali efficaci, la disponibilità di questa nuova molecola è senz’altro una buona notizia.  

A.B.
Data ultimo aggiornamento 25 gennaio 2024
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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