ARCHEOLOGIA
Ricreato in laboratorio il pigmento blu degli antichi Egizi: in dodici possibili sfumature

Se c’è un colore che definisce più di tutti la civiltà degli antichi egizi è il blu, in tutte le sue sfumature, dal cobalto al grigio, dal celeste fino al verde pallido. Solo una piccola parte dei pigmenti, però - destinata alle personalità più in alto nella scala sociale - era realizzata con minerali preziosi e per lo più importati da migliaia di chilometri con i lapislazzuli o i turchesi. Tutto il resto era realizzato da artigiani locali con paste a abse di minerali comuni, e questo spiega l’incredibile varietà delle sfumature giunte fino a noi. Finora non era chiaro come riuscissero a ottenere quei colori, ma i ricercatori dell’Università di Washington, in collaborazione con quelli del Carnegie Museum of Natural History e con quelli dello Smithsonian’s Museum Conservation Institute sempre della capitale statunitense sono riusciti a trovare 12 diverse ricette per ottenere pigmenti del tutto simili. Come hanno poi riferito in un articolo pubblicato sulla rivista del gruppo Nature Npj Heritage Science, sono partiti dai minerali di cui – lo si sapeva – erano composti i pigmenti realizzati all’ora, e cioè il rame, il cui colore è verde, il calcio e l’ossido di silicio (bianco), e hanno provato numerosi assortimenti, scaldandoli a circa 1.000 °C, cioè a una temperatura compatibile con le fornaci egizie, per tempi variabili tra una e 11 ore, e raffreddandoli poi in modo più o meno rapido. Hanno così trovato 12 ricette plausibili di un pigmento chiamato cuproivaite e, a quel punto, hanno utilizzato tecniche di microscopia e spettroscopia per confrontare quei colori con quelli presenti in due reperti, uno di un “cartonage” di una mummia, cioè un rivestimento di materiali vegetali che si poneva in alcuni sarcofagi a protezione del defunto, prima del legno e della pietra, e in un frammento ligneo, rispettivamente del 330 (di epoca tolemaica) e del 1.300 a. C. circa. Il risultato è stato sorprendente, perché i pigmenti mostravano le stesse caratteristiche ottiche e chimiche di quelli di migliaia di anni fa.
Aver capito in che modo gli antichi egizi ottenevano i blu e i verdi potrà ora aiutare gli archeologi nelle datazioni e nelle attribuzioni delle provenienze dei reperti: ogni zona aveva un suo colore caratteristico, più frequente, a seconda dei minerali presenti, e più usato in un certo momento, e gli assortimenti potevano essere più o meno costosi, altro indice importante per capire da chi era stato usato. Inoltre, la cuproivaite potrebbe avere caratteristiche oggi non note che potrebbero rivelarsi utili per esempio nella messa a punto di coloranti per la ricerca o per altri utilizzi chimico-fisici, dal momento che, quasi sempre, è giunta intatta fino a noi.
A.B.
Data ultimo aggiornamento 4 luglio 2025
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