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Il vaccino anti papilloma abbatte dell’80%
il rischio di tumori della cervice uterina

Anche se l’attuale ministro della salute Robert Kennedy, acceso sostenitore delle più assurde e infondate teorie no vax, ne ha parlato più volte come del vaccino più pericoloso mai esistito, senza fornire alcun elemento a sostegno, i dati provenienti dal suo stesso paese dimostrano, ancora una volta, l’esatto contrario. A quasi vent’anni dalla sua introduzione, avvenuta nel 2006, il vaccino anti papillomavirus umano (HPV) sta facendo scomparire il tumore della cervice uterina, senza che, dopo decine di milioni di vaccinazioni effettuate, siano mai emersi effetti collaterali. A dirlo sono i Centers for Diseases Control di Atlanta, ovvero quello che, finora, è stato considerato un riferimento assoluto per le malattie infettive, in un report appena pubblicato nel quale sono stati riportati i dati ufficiali raccolti fino dal 2008, in particolare sulla presenza di lesioni pretumorali. Ebbene, tra le donne che oggi hanno tra i 20 e i 24 anni, e che sono state quindi vaccinate a partire dal 2008, il tasso di lesioni precancerose è sceso del 79% rispetto alla media delle donne della stessa età degli anni precedenti, e quello delle lesioni più gravi, molto prossime al tumore vero e proprio, dell’80%. Il tasso delle donne in po’ più grandi, e cioè di coloro che oggi hanno tra i 25 e i 29 anni, tra le quali i tassi di vaccinazione sono più bassi, è diminuito del 37%, perché in quella fascia d0età la coperturra è stata inferiore. E anche questo conferma che più ci si vaccina più si riduce la circolazione del virus e minori sono i tassi di incidenza dei tumori della cervice. Lo stesso andamento si vede in tutti i paesi (e sono ormai decine) che hanno introdotto la vaccinazione gratuita e obbligatoria attorno agli 11-12 anni, spesso anche per i maschi. Con buona pace del no vax Kennedy.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 12 marzo 2025
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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