MALATTIE RARE
La terapia cognitivo-comportamentale
può aiutare a combattere la fatigue cronica

La sindrome da affaticamento cronico, nota anche come Chronic Fatigue Syndrome o Encefalite mialgica (l’acronimo che riunisce le due denominazioni è ME/CSF) può essere affrontata anche con una terapia cognitivo-comportamentale o CBT che, almeno in metà dei casi, può arrecare sollievo e favorire il recupero. Lo dimostra una metanalisi dei dati contenuti in otto studi che hanno coinvolto un totale di circa 1.300 pazienti in protocolli che prevedevano sedute di questo genere di trattamento.
Si è spesso ritenuto che la CBT fosse inutile o anche dannosa, perché molti di malati di ME/CSF soffrono anche di un’altra sindrome, chiamata da malessere post esercizio (post-exertional malaise), cioè hanno un aggravamento dei sintomi se provano a contrastarli con una rieducazione fisica, che preveda esercizi. Si pensava, senza grandi prove a sostegno, che questo fosse vero anche per la CBT. Tuttavia, i dati emersi da questi studi, rielaborati e pubblicati su Psychological Medicine dai ricercatori dell’Università di Amsterdam, in Olanda, e del King’s College di Londra, in Gran Bretagna, mostrano che non è affatto così o, per lo meno, non per tutti.
Circa metà di coloro che hanno seguito una terapia cognitivo-comportamentale, a prescindere dai sintomi presenti prima dell’inizio del trattamento, hanno infatti avuto un beneficio, soprattutto quando erano giovani, quando i sintomi non erano troppo invalidanti e quando, nonostante i disturbi, avevano mantenuto una vita relativamente attiva. Costoro hanno ritrovato parte delle energie fisiche e psichiche compromesse, e hanno iniziato a guarire.
Contro la ME/CSF non esistono terapie specificamente approvate. Per tale motivo, chi ne è colpito può sperimentare questo tipo di aiuto. Non ci sono rischi, né effetti collaterali noti.
Data ultimo aggiornamento 6 dicembre 2023
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