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Il rumore antropico fa aumentare ansia
e stress, quello naturale cura entrambi

I suoni di origine naturale come il canto degli uccelli, il ripetersi delle onde o lo stormire delle foglie combattono efficacemente l’ansia e lo stress, mentre il rumore di origine antropica come quello prodotto da un aereo o da una fabbrica hanno l’effetto opposto. Di questo bisognerebbe tenere conto nel progettare le abitazioni e le strade, perché gli effetti sono evidenti, e misurabili. Lo sostengono i ricercatori dell’Università del West of England, che hanno pubblicato su PLoS One i risultati di quanto osservato in un campione di una settantina di giovani. I ragazzi hanno ascoltato tre minuti di suoni naturali registrati nella campagna inglese, oppure quelli di una strada con automobili che la percorrevano a 20 (circa 32 km/h) o 40 miglia orarie (circa 64 km/h), e varie combinazioni dei due tipi di rumori. Nel frattempo, i ricercatori registravano le sensazioni provate dai partecipanti.

L’esisto è stato chiaro: l’ascolto dei suoni naturali è risultato associato a una diminuzione di ansia e stress e a un miglioramento del tono dell’umore che, però, sono diminuiti quando ai suoni naturali era aggiunto il rumore del traffico (soprattutto quello delle auto a 40 miglia all’ora). Analogamente, l’efficacia del rumore naturale è risultata massima nelle sessioni che seguivano quelle nelle quali i giovani avevano ascoltato il rumore del traffico con auto a 40 miglia/h. 

Lo stress indotto dal rumore in passato è stato associato a un aumento del rischio cardiovascolare, e questo ha avuto influenza sulle normative che, per esempio, regolano la distanza degli aeroporti dagli edifici. Secondo gli autori, questi dati rafforzano ulteriormente l’importanza di proteggere le persone dai suoni di origine antropica anche all’interno delle città, adottando tutte le misure necessarie (quali, per esempio, i limiti di velocità e l’installazione di barriere acustiche) per ridurre il livello di ansia e stress e favorendo il contatto con la natura e i suoi suoni.

A.B.
Data ultimo aggiornamento 18 dicembre 2024
© Riproduzione riservata | Assedio Bianco



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Lungo il fiume, in missione, parte la caccia ai nemici invisibili

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Provate a immaginare il nostro corpo come se fosse una nazione... Una nazione delimitata da lunghi confini, con poliziotti e soldati dappertutto, posti di blocco, caserme, per cercare di mantenere l’ordine pubblico e allontanare i nemici, perennemente in agguato.

Le acque dei numerosissimi fiumi e canali (i vasi sanguigni) vengono sorvegliate giorno e notte da un poderoso sistema di sicurezza. Ma non è facile mantenere l’ordine in una nazione che ha molti miliardi di abitanti, e altrettanti nemici e clandestini.

Le comunicazioni avvengono attraverso una rete di sottili cavi elettrici, oppure tramite valigette (gli ormoni e molti altri tipi di molecole), che vengono liberate nei corsi d’acqua. Ogni valigetta possiede una serie di codici riservati solo al destinatario, che così è in grado di riconoscerla e prelevarla appena la “incrocia”.

Le valigette possono contenere segnali d’allarme lanciati dalle pattuglie che stanno perlustrando i vari distretti dell’organismo e hanno bisogno di rinforzi. Fra i primi ad accorrere sono, di norma, gli agenti del reparto Mangia-Nemici (i monociti). Grazie alle istruzioni contenute nelle valigette, identificano all’istante il luogo da cui è partito l’allarme ed entrano aprendo una breccia nelle pareti.

Quando si trovano davanti ai nemici, i monociti si trasformano, accentuando la loro aggressività e la loro potenza. Diventano, così, agenti Grande-Bocca (i macrofagi). Come in un film di fantascienza, dal loro corpo spuntano prolungamenti che permettono di avvolgere gli avversari e catturarli rapidamente, dopo avere controllato i passaporti.

I nemici vengono inghiottiti, letteralmente, e chiusi in una capsula, all’interno del corpo degli agenti: una sorta di “camera della morte”. A questo punto scatta la loro uccisione, tramite liquidi corrosivi e digestivi, che li sciolgono.

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